quinta-feira, 4 de setembro de 2008

Lição 10 - Donne di missione

Guida allo studio settimanale della Bibbia

Donne di missione

Letture: Luca 8:41-55; Giovanni 4:1-40; Atti 16:14-16; 18:1-3, 24,28
«Perciò, io ti dico: i suoi molti peccati le sono perdonati, perché ha molto amato; ma colui a cui poco è perdonato, poco ama» Luca 7:47
Pensiero chiave
Anche se spesso sono relegate a ruoli secondari, il Nuovo Testamento ci presenta delle donne fortemente attive nell'avanzamento della missione affidata alla chiesa.

Le donne occupano ruoli chiave nella storia biblica. Tra loro troviamo regine buone e cattive, serve oneste, madri che pregano, autorevoli dirigenti, mogli dotate di notevole ascendente, donatrici generose, prostitute, profetesse, diaconesse, ospiti cortesi e fedeli amiche di Gesù.
In casi come quelli di Ester e Deborah, la donna occupa il centro della scena, ma in tutta la Bibbia possiamo ammirare come delle donne, cui sia stata affidata una missione, abbiano contribuito in vari modi all'affermazione del regno dei cieli.
Nel Nuovo Testamento ci sono diverse situazioni che rivelano il modo di porsi di Gesù nei confronti delle donne, molte delle quali lo seguirono e lo sostennero anche economicamente (Lc 8:1-3) e si presero cura delle sue necessità (Mc 15:41). In varie circostanze, egli si mise specificatamente al servizio di donne. Quando molti dei suoi discepoli lo abbandonarono nel momento della morte, le donne non si mossero, dimostrando la loro coerenza e stettero accanto a lui alla croce. Furono proprio delle donne le prime testimoni della sua risurrezione.
Questa settimana studieremo più da vicino alcune figure femminili del Nuovo Testamento che, seppur citate in breve, ebbero un ruolo vitale nella missione della chiesa.
Nella società in cui viveva e operava Gesù, le donne erano tenute fondamentalmente alla larga dalla vita pubblica.
Durante l'adorazione sabatica, si limitavano a essere semplici spettatrici, non partecipanti. Analogamente a quanto accadeva con i gentili, nella sinagoga era destinato loro un cortile esterno, dal quale non potevano allontanarsi e che era significativamente collocato dietro al cortile riservato agli uomini. In pubblico, gli uomini avevano delle precise restrizioni che riguardavano il tempo massimo disponibile per parlare con una donna, anche con la moglie. Alle donne non era concesso studiare la Torah, anzi, non potevano nemmeno toccare le Scritture, pena la contaminazione di quest'ultime.
Gesù adottò un approccio differente; le donne erano sue figlie predilette proprio come gli uomini e la sua morte riguardò tanto loro quanto il genere maschile. Nonostante ai rabbini dell'epoca fosse impedito l'insegnamento alle donne, Gesù si dedicò loro con gioia; Maria, la sorella di Lazzaro, sedette una volta ai suoi piedi come una discepola (Lc 10:38-42). I pregiudizi contro le donne condizionavano ogni aspetto della vita: agli uomini era consentito il divorzio, mentre alle donne non era concesso, neanche in caso di gravi offese. Gesù pronunciò parole molto dure contro quella corrente pratica, che rendeva l'universo femminile un oggetto alla mercé dell'uomo (Mt 19:3-8).

Nello spazio di due capitoli del vangelo di Luca, Gesù infrange le leggi riguardanti il contatto con donne ritenute impure dal cerimoniale. Tocca una ragazza morta e le restituisce la vita (Lc 8:41,42, 49-55), permette a una donna con perdite di sangue di toccarlo (Lc 8:43-48) e lascia che una donna di cattiva reputazione gli lavi i piedi (Lc 7:37-39). Quali principi spinsero Gesù a infrangere queste regole? Si tratta di principi applicabili anche nel presente?
Gesù, nel periodo passato sulla terra, abbatté diverse barriere erette dalle tradizioni umane. Come disse l'apostolo Paolo: «Non c'è qui né giudeo né greco; non c'è né schiavo né libero; non c'è né maschio né femmina; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3:28).
Nutri pregiudizi nei riguardi di qualche particolare categoria di persona? Come fare a riconoscerli ma, soprattutto, a eliminarli?
La divisione tra giudei e samaritani era aspra e di lunga data (cfr. 2 Re 17:24-41). Quando gli esiliati tornarono da Babilonia e cercarono di ricostruire le mura e il tempio di Gerusalemme, i samaritani tentarono in tutti i modi di ostacolarne l'opera (Esd 4:7-22; Ne 4:1-5). Incidenti di questo tipo, o come la disputa sul luogo giusto per riedificare il tempio, fomentarono l'odio tra i due gruppi; capitò perfino che alcuni giudei insultarono Gesù accusandolo di essere posseduto da un demone e di essere un samaritano (Gv 8:48).
La via più diretta e rapida tra Gerusalemme e la Galilea, la prima al sud, l'altra al nord d'Israele, prevedeva l'attraversamento della Samaria. Ma spesso, lungo questo itinerario, le persone preferivano fare un giro intorno alla Samaria, allungando in questo modo il viaggio ma evitando l'incontro con i loro acerrimi nemici.

Luca 9:51-56; 10:30-37; 17:11-19. Cosa si evince, secondo questi passi, riguardo l'atteggiamento tenuto da Gesù nei confronti dei samaritani? Come dovremmo comportarci, allora, con persone appartenenti a culture tradizionalmente disprezzate dalla nostra?
In più di una circostanza, gli autori dei vangeli ci mostrano Gesù mentre attraversa direttamente la Samaria; una volta, mentre va dalla Giudea alla Galilea, si ferma nella città samaritana di Sicar, il luogo dove sorgeva il pozzo di Giacobbe, nei pressi del monte Gerizim, luogo santo per i samaritani e sede del loro tempio. È lì che ha luogo il famoso colloquio con una persona che non soltanto è samaritana, ma anche donna (cfr. Gv 4). Con gran sorpresa di lei, egli le chiede dell'acqua da bere. La richiesta la mette in crisi, proprio perché Gesù è un giudeo e lei una donna samaritana. Parlando con lei, il Maestro demolisce svariati tabù culturali; l'apostolo Giovanni racconta che quando arrivò sul posto insieme agli altri discepoli, «si meravigliarono che egli parlasse con una donna» (Gv 4:27). Non era considerato conveniente per un uomo, anche se era un maestro religioso, dialogare in pubblico con una donna, a maggior ragione se si trattava di una samaritana.
Gesù non permise ai costumi sociali di interferire con la sua missione. Come si può fare quello che è giusto senza offendere nessuno da un punto di vista delle consuetudini sociali?
Leggere Giovanni 4:1-40. In che modo Gesù collega la vita quotidiana e la condizione della donna alla verità spirituale che vuole trasmetterle? Come le fa capire quali fossero le sue necessità spirituali?

La donna era talmente elettrizzata per quello che aveva visto e udito, che fece immediatamente ritorno in città, senza nemmeno preoccuparsi di portare con sé il secchio d'acqua (Gv 4:28). Aveva incontrato il Messia e doveva farlo sapere agli altri. La prima parte della sua testimonianza è un invito ai suoi concittadini affinché incontrino di persona quell'uomo che conosceva la storia della sua vita (v. 29). Ecco una piccola, ma classica verità che riguarda la testimonianza: la nostra missione non consiste nel convertire la gente, ma nel gettare il seme e portare gli altri a Cristo. Da quel momento in poi, della conversione si occupa lo Spirito Santo. Le persone stesse, dopo aver incontrato Gesù, dissero: «Non è più a motivo di quello che tu ci hai detto, che crediamo; perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il Salvatore del mondo» (Gv 4:42).
La seconda parte della testimonianza della donna si risolve invece in un quesito: «Non potrebbe essere lui il Cristo?» (v. 29). Il modo in cui la domanda viene formulata in lingua greca fa pensare che la samaritana presuma una risposta negativa: la frase letteralmente è questa: «Egli non potrebbe essere il Messia, vero?», oppure: «Questo non è il Cristo, vero?». O la donna non era ancora certa al 100 per cento che Gesù fosse davvero il Messia, oppure, più probabilmente, voleva comunicare con molto tatto la notizia a persone che avrebbero potuto esserle ostili a motivo di quell'affermazione.
Questo racconto ci insegna molte cose, ma una particolarmente importante: agendo in quel modo, Gesù ruppe apertamente con le tradizioni dell'epoca; testimoniò a una persona che era non solo donna, ma anche samaritana e che poi sarebbe stata sua messaggera e ambasciatrice del Vangelo.

Gesù si serve di una samaritana, tra l'altro con un passato non proprio impeccabile dal punto di vista morale, perché testimoni di lui, come se volesse deliberatamente andare contro i tabù e i pregiudizi del suo tempo. Secondo il suo insegnamento, possiamo noi giudicare chi sia qualificato o meno a lavorare per l'opera del Signore?
Nel libro degli Atti e nelle epistole paoline, si fa spesso menzione di donne e del ruolo importante che hanno avuto all'interno della chiesa primitiva. I primi cristiani non adoravano in templi, ma si riunivano piuttosto nelle case private, spesso attorno al tavolo da pranzo.
Molte di queste case erano affidate a persone come Lidia, una donna d'affari che commerciava in stoffe di porpora. Paolo, Sila, Timoteo e Luca la incontrarono a Filippi, in Macedonia, quando trascorsero un sabato di adorazione presso le rive di un fiume, in compagnia di un gruppo di donne.

Atti 16:14-16. Come viene descritta Lidia?
 
Che storia ricca di significati deve esserci dietro queste poche parole. Nello spazio di due frasi Lidia accetta Gesù, testimonia ai suoi familiari le nuove verità acquisite , e insieme alla sua famiglia viene battezzata e apre agli apostoli le porte della propria dimora. Lidia è la prima persona convertita in Europa di cui si trovi traccia, e la sua casa servì da base agli apostoli che evangelizzarono in quell'area.
Atti 18:1-3, 24-28; Romani 16:3-5; 1 Corinzi 16:19. Secondo questa serie di testi, in che modo il Signore utilizzò Priscilla ai fini del suo ministero?
 
Dopo un periodo trascorso a Corinto, Paolo salpò per la Siria, accompagnato da Priscilla e Aquila. Giunti a destinazione, la coppia ospitò nella propria casa un giudeo di nome Apollo, al quale testimoniò di Gesù (At 18:24-26). In seguito Apollo fu un valido e importante sostegno per la chiesa in Acaia (vv. 27,28).
Rileggere Romani 16:3-5. Paolo esprime i propri ringraziamenti a Priscilla e al marito. La donna aveva evidentemente un ruolo determinante e Paolo desiderava riconoscerglielo. Come dimostrarsi più sensibili nella valorizzazione delle donne, prescindendo dal loro compito?
Seppur con i limiti imposti dai costumi sociali e dalle aspettative, molte donne si distinsero nella storia della chiesa cristiana dei primi tempi, dedicando le loro esistenze al servizio della stessa.
La Bibbia raramente offre molti dettagli, ma è evidente che le donne abbiano avuto una parte attiva nella missione della chiesa.

Atti 21:9. Cosa dice questo breve testo?

Scrivendo alla chiesa di Roma, Paolo raccomanda ai suoi membri una donna di nome Febe, che presenta come una «nostra sorella» (Rm 16:1). Febe apparteneva alla comunità di Cencrea, una località portuale che distava pochi chilometri da Corinto. Parlando di Febe, Paolo la descrive così: «Una diaconessa della nostra chiesa» (v. 1). Nei suoi scritti, l'apostolo usa spesso la parola greca diakonos. Il senso è che Febe era al servizio della chiesa; continua infatti Paolo: «Ella pure ha prestato assistenza a molti e anche a me» (v. 2).

Atti 9:36; Romani 16:7,12; Filippesi 4:2; Filemone 2. Molte altre donne del Nuovo Testamento sono note per le cose fatte. Secondo i testi appena letti, cosa possiamo imparare dalle loro esperienze e da quelle già studiate circa i diversi ruoli assunti dalle donne all'alba del cristianesimo?
 
Le donne non furono importanti soltanto per avere operato in silenzio e con discrezione a sostegno della chiesa cristiana primitiva; non poche, infatti, ebbero una parte significativa in prima linea, nella condivisione della buona notizia. Non ci possono essere dubbi sul fatto che continueranno a essere importanti nell'opera di diffusione del messaggio dei tre angeli a «ogni nazione, tribù, lingua e popolo» (Ap 14:6).
Uomo o donna, qual è il modo migliore per utilizzare i tuoi doni nell'opera del ministero e della missione?
«Non appena incontrò il Salvatore, la donna samaritana che parlò con Gesù al pozzo di Giacobbe condusse altre persone a lui. In questo modo si dimostrò una missionaria più efficace degli stessi discepoli di Cristo. Essi, infatti, non videro nella Samaria un territorio che poteva dare frutti. I loro pensieri andavano a grandi progetti che dovevano essere realizzati in futuro. Non si accorsero che proprio intorno a loro c'era un campo da mietere. Ma attraverso quella donna che essi disprezzavano, un'intera cittadina ebbe l'occasione di ascoltare Gesù» - MH, p. 102 [47].

«Il Signore chiede sia agli uomini sia alle donne di impegnarsi per lui. Possono entrambi svolgere un buon lavoro per Dio se, prima di tutto, impareranno alla scuola di Cristo la preziosa, fondamentale lezione della mansuetudine. Non sono soltanto chiamati a portare il nome di Cristo, ma a possederne lo spirito» - North Pacific Union Gleaner, 4 dicembre 1907.
Domande per la discussione
1.       In certe parti del mondo, le donne sono praticamente escluse dai ruoli di responsabilità all'interno della chiesa. La questione viene spesso liquidata come inerente a una problematica culturale; qualcuno invece la considera una tematica etica. In quale momento una questione di tipo culturale assume risvolti morali?
2.       Ellen G. White scrive che la donna al pozzo si dimostrò una missionaria più efficace dei discepoli di Gesù. Quale energia particolare possono garantire le donne alla missione della chiesa? Senza approfondire la controversa questione dell'ordinazione femminile, in che modo possiamo utilizzare e valorizzare al meglio le donne che fanno parte del nostro movimento e del nostro messaggio?
3.       Discutere in classe sul colloquio tra Gesù e la samaritana. Provate a calare quell'episodio nel vostro contesto culturale e immaginate Gesù che testimonia a una persona disprezzata e odiata nel vostro ambiente, alla quale molti non rivolgerebbero nemmeno la parola. Questa sorta di esercizio ci può aiutare a comprendere in cosa consiste il mandato del Vangelo?

In sintesi
Nel Nuovo Testamento, le donne sembrano occupare ruoli di secondo piano, ma Gesù e l'apostolo Paolo le raccomandarono spesso per le loro gesta d'amore e vengono connotate di misericordia e per il contributo offerto per il progresso della missione affidata alla chiesa.

FONTE: http://www.avventisti.it/sds/sds.asp?idx=326



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