29/08/2009
10. FIDUCIA
29 agosto - 4 settembre
Letture: Giovanni 3:36; Atti 4:29; 1 Corinzi 9:27; Ebrei 4:16; 1 Giovanni 5:13-21; Apocalisse 12:9
«Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce» 1 Giovanni 5:14
Ben Franklin disse che ci sono solo due certezze nella vita: la morte e le tasse. Ne esiste anche una terza, per essere precisi: la vita è ricca di incertezza!
Non possiamo sapere quanto sia sicuro il nostro lavoro e niente ci garantisce protezione dalla malattia, dal terrorismo, dalla guerra e dai disastri naturali. Non possiamo avere la certezza assoluta che una volta andati a letto il giorno dopo ci sveglieremo. Di fronte a questa realtà, facciamo del nostro meglio per cercare di proteggerci ma in definitiva, ogni nostro sforzo rischia di essere vano. Parliamo invece di Dio e delle sue promesse; sono forse incerte? Com’è possibile vivere senza fiducia e certezze quando c’è di mezzo il Signore? La nostra relazione con lui e la nostra vita eterna in sua compagnia sono più importanti di qualsiasi altra cosa. Che cosa dice Giovanni a proposito di questo?
Uno sguardo alla settimana
In che cosa possiamo riporre la nostra fiducia? Come evitare che essa diventi presunzione? Perché possiamo essere tranquilli circa l’ascolto delle nostre preghiere? Quale protezione ci viene offerta per far fronte all’offensiva di Satana? In che modo è possibile giungere alla conoscenza di Dio?
1 Giovanni 5:13-21
In 1 Giovanni 5:14 compare il termine «fiducia», che significa sicurezza, chiarezza o franchezza (At 4:29-31), parlare in modo esplicito (Gv 16:25,29). Secondo Ebrei 4:16 e 10:19, i cristiani possono accostarsi al trono divino con fiducia. Innanzitutto, perché Gesù ha versato per loro il suo sangue sulla croce; poi perché è asceso al cielo per svolgere la funzione di Sommo Sacerdote a loro tutela. Lo stesso termine si ritrova in 1 Giovanni 4:17, dove l’apostolo parla di «fiducia» nel giorno del giudizio. I cristiani non devono temere il giudizio, perché si affidano su quello che Gesù ha fatto per loro; non ripongono la loro fiducia in loro stessi, in ciò che hanno fatto o potrebbero fare, ma in Gesù.
Giovanni utilizza un altro modo per esprimere l’idea di fiducia: l’uso ripetuto dell’espressione «sappiamo», alla fine della sua prima epistola. Se nel resto della lettera compare solo due volte (1 Gv 3:2,14), alla conclusione, invece, cinque volte a sottolineare quasi con insistenza il tema della «fiducia».
Secondo i passi che seguono, di che cosa possiamo avere fiducia?
1 Giovanni 5:13
1 Giovanni 5:15
1 Giovanni 5:18
1 Giovanni 5:19
1 Giovanni 5:20
In 1 Giovanni 5:13, l’apostolo dice «perché sappiate» e parla della certezza della salvezza. Dal v. 15 in poi usa il termine «sappiamo» e sottolinea come le nostre preghiere vengono ascoltate: possiamo essere fiduciosi. Al v. 18 «sappiamo» è seguito dalla promessa della protezione divina; al v. 19, invece, introduce la meravigliosa idea dell’appartenenza a Dio, mentre al 20 si evidenzia che «sappiamo» della venuta del Figlio di Dio, grazie al quale conosciamo Dio e siamo in lui. Il cristiano deve avere fiducia del proprio rapporto con il Signore, della propria vita di preghiera, della sua condizione presente e futura.
Quante volte ultimamente hai deluso te stesso? Non è proprio la consapevolezza dei nostri limiti a convincerci ad avere fiducia solo in Gesù?
Leggere 1 Giovanni 5:13. Di cosa possiamo essere certi secondo questo testo?
Il v. 13 propone un’importante motivazione che avrebbe spinto Giovanni a scrivere la sua epistola. Voleva che i suoi lettori avessero la certezza della salvezza. Dovevano sapere che la vita eterna è «già» in loro possesso, che è una realtà presente. Giovanni fa un’affermazione di questo tenore al termine del suo vangelo (Gv 20:30,31).
Sul tema della vita eterna, il passo di 1 Giovanni 5:13 va oltre qualsiasi altro testo del Nuovo Testamento, dove si cita sì una condizione e si parla di una promessa (cfr. Gv 3.36), ma 1 Giovanni 5:13 dice che i figli di Dio dovrebbero sapere di avere la vita eterna. Non si tratta di un’opzione, di qualcosa che può essere aggiunto o meno alla vita del cristiano. Dio vuole che il credente abbia la certezza della salvezza, come l’hanno avuta Mosè (Es 32:33), Pietro (1 Pt 5:1), i cristiani di Efeso (Ef 2:8) e i credenti di Colosse (Col 1:12-14).
Che cosa occorre fare perché la certezza non «sconfini» nella presunzione?
Matteo 10:22; 1 Corinzi 9:27; Apocalisse 3:11
Qualcuno ha preso questa «fiducia» della salvezza e l’ha convertita in una «garanzia incondizionata», secondo un concetto di questo tipo: «Una volta salvo, salvo per sempre». Se questo fosse vero, che cosa ci impedirebbe di dimenticare tutto quello che riguarda Dio e vivere un’esistenza immorale (quella che, secondo la Bibbia, sbarra l’ingresso al paradiso [Gal 5:21; Ap 21:8])? In effetti, è già abbastanza difficile mantenersi puri anche sapendo che corriamo il rischio di abbandonare Dio. Figuriamoci se fossimo convinti che il comportamento non abbia alcuna importanza!
La Bibbia ci rivela che abbiamo a disposizione la certezza della salvezza, che però può anche venir meno in virtù delle nostre scelte. Occorre che indossiamo la corona della vita arrendendoci quotidianamente al Signore, con spirito di ubbidienza e con fede. Dobbiamo, sempre, vegliare e pregare, perché Satana è alla ricerca di persone da poter divorare (1 Pt 5:8). Chi, se non noi, possono essere i suoi bersagli preferiti?
La certezza della salvezza genera in te dei conflitti? Se la risposta è affermativa, potrebbe dipendere dalle cose che fai? In questo caso, rivendica per prima cosa il perdono che già ti appartiene, e chiedi la forza per riuscire a vincere, secondo la promessa che ti è stata fatta.
1 Giovanni 5:14-17
Quale promessa esprimono questi versetti? Quale significato deve avere per noi?
Possiamo presentare al Signore le nostre gioie, i nostri pesi e le nostre richieste. Possiamo confidargli che abbiamo bisogno di denaro, o che abbiamo dei problemi con i nostri figli e che ci serve il suo intervento. Possiamo dirgli che siamo gravemente malati e desideriamo guarire. Sappiamo per certo che ci farà avere un assegno, che farà rigare dritto i bambini o che ci restituirà la salute? Non necessariamente.
Quando Gesù pregò nel Getsemani, concluse l’invocazione con la frase «sia fatta la tua volontà» (Mt 26:42); e Dio non gli impedì di bere il «calice». Ma se confessiamo i nostri peccati e chiediamo perdono, il Signore non ci mette in lista d’attesa, anzi, possiamo avere la piena fiducia che al termine della preghiera il perdono sarà già una realtà. Se gli chiederò di farmi diventare suo figlio perché ho accettato Gesù quale salvatore e Signore, Dio risponderà all’istante a una richiesta del genere.
Ogni volta che la volontà divina si rivela nella Scrittura, sotto forma di comandamento o promessa, e noi rivendichiamo quell’espressione della sua volontà, sappiamo che la nostra preghiera sarà esaudita. In circostanze nelle quali non siamo in grado di conoscere quale guida riceveremo, dovremmo sempre terminare le nostre preghiere dicendo «sia fatta la tua volontà», e confidare fiduciosamente che il Signore farà ciò che è meglio.
I vv. 16 e 17 di 1 Giovanni non sono di facile comprensione e gli studiosi si dividono di fronte al loro significato (qualcuno sostiene che si tratti del peccato contro lo Spirito Santo). Noi, però, sappiamo bene che ogni peccato è ingiusto e non può essere giustificato né tollerato. Ma Giovanni, quale distinzione tra i peccati fa in questi passi? Non è facile rispondere, qualunque cosa l’apostolo stia affermando, possiamo stare certi che egli non sottovaluta la gravità del peccato.
Spesso abbiamo pregato senza ricevere risposte: abbiamo perso un impiego, abbiamo avuto un problema di salute, ecc. In alcuni casi, con il tempo, ci si rende conto che le cose si sono evolute positivamente proprio grazie al mancato esaudimento della nostra preghiera, in altri restano la delusione, la sofferenza e il dispiacere. Come possiamo gestire questi sentimenti? Come confidare in Dio e vivere per fede considerando che le preghiere non esaudite ci causano delusione, sofferenza e dubbi?
1 Giovanni 5:18,19
In 1 Giovanni 5:18,19, l’apostolo ripete due volte che «noi sappiamo»; entrambi i passi iniziano con questa affermazione; Giovanni non si preoccupa però solo della conoscenza.
Quali sfide indirette sono contenute ai versetti 18 e 19?
L’espressione «nato da Dio» è presente due volte al v. 18, ma la prima frase si riferisce a ogni sincero credente, mentre la seconda esclusivamente a Gesù. Nella versione greca troviamo una diversità di tempi che potrebbe essere significativa; «chiunque nato da Dio» (prima frase) è al passato prossimo e potrebbe descrivere i risultati prolungati della rigenerazione; la seconda frase è coniugata in un tempo che è associabile solo a un preciso evento del passato, parla dell’incarnazione di Gesù, nato da Maria a Betlemme.
La prima frase riguarda l’esperienza degli uomini nati di nuovo (Gv 3:3,5; 1 Gv 3:9). L’uso dello stesso termine, in riferimento a Gesù, può voler indicare il fatto che egli ci si è avvicinato, al punto da diventare uno di noi; d’altro canto, Gesù è diverso da noi; egli è figlio di Dio e dotato di una condizione che noi non avremo mai.
Quale conforto ci offrono questi versetti? 1 Giovanni 5:18,19
I due passi citano il maligno, un termine utilizzato anche in 1 Giovanni 2:13,14 e 3:12. È la descrizione di Satana; Giovanni lo chiama anche diavolo (1 Gv 3:8,10). In Apocalisse 12:9, egli è il serpente antico. In 1 Giovanni 5:13 si può cogliere un cenno al gran conflitto in atto tra Cristo e Satana, una controversia che sarà poi rivelata esaurientemente nell’Apocalisse, in particolare al cap. 12.
Ai vv. 18 e 19 Giovanni definisce la terra arena del maligno; dall’altra parte dello schieramento, i discepoli di Gesù si trovano accanto al Padre e a Cristo. Gesù protegge questi credenti e non permette a Satana di toccarli; per questo riescono a dire di no al peccato e a resistere alle tentazioni. Il v. 19 dice che noi «siamo»da Dio; possiamo essere fiduciosi perché abbiamo con lui un rapporto profondo e diretto e siamo separati dal mondo. Siamo suoi figli e ne rivendichiamo le promesse.
Come vivi la realtà del gran conflitto nella tua esperienza personale? In che modo puoi appropriarti delle promesse di vittoria e protezione e far sì che si concretizzino? Gesù ha già sconfitto Satana e ci offre la sua vittoria. Cosa significa per te?
1 Giovanni 5:20,21
Ritroviano ancora una volta il verbo, «noi sappiamo»; sappiamo che egli è vero. Il Figlio di Dio è venuto su questa terra e ci ha rivelato Dio, il Padre. Una conoscenza non solo intellettuale, ma che ci porta ad avere un legame stretto con lui.
Secondo 1 Giovanni 5:20, chi è colui che è il vero?
Nell’intera sua prima epistola abbiamo osservato come Giovanni salti agevolmente dal Padre a Gesù; in alcuni casi i pronomi «egli»e «suo» possono essere riferiti a entrambi; la cosa non deve sorprendere perché «chi riconosce pubblicamente il Figlio, ha anche il Padre» (1 Gv 2:23). In 1 Giovanni 5:20, il termine «vero» ritorna tre volte; nel primo caso rimanda evidentemente a Dio Padre: Gesù è venuto e ci ha fornito gli elementi per capire il Signore, almeno fino a un certo punto.
L’altro caso sembra riguardare Gesù: «Noi siamo in colui che è il Vero, cioè, nel suo Figlio Gesù Cristo». La seconda parte di questo periodo pare spiegare la prima: il Figlio di Dio è colui che è il vero. In 1 Giovanni 2:8, il termine «vero», associato a Gesù (cfr. Ap 3:7,14), è altresì un attributo del Padre (Gv 7:28).
L’ultimo riferimento che usa l’aggettivo «vero» è il seguente: «Egli è il vero Dio e la vita eterna». È una frase che può riguardare Dio Padre, il Figlio o entrambi e su questo punto i commentatori sono divisi. In ogni caso, avrebbe perfettamente senso se fosse collegata a Gesù.
Cosa dice 1 Giovanni 5:21 e in che modo possiamo applicare quel principio?
Finora, Giovanni non ha nominato l’idolatria. Egli ha piuttosto combattuto contro i falsi concetti riguardanti la persona di Gesù e il loro influsso su quei membri ben integrati nella comunità. Perché allora presenta alla fine della lettera un argomento non trattato in precedenza come se fosse un monito finale?
Forse l’apostolo considera le false vedute su Cristo come un’idolatria, ed è per questo che l’associa agli insegnamenti degli anticristi che hanno come oggetto il Figlio e il Padre. La loro comprensione della divinità poteva essere valutata come un’adorazione di falsi dèi in sostituzione del Padre, che in Gesù dona la vita eterna e la fiducia a ogni sincero credente.
Quali sono le cose che non sai di Dio? Quali di queste ti piacerebbe conoscere?
Leggere: «Chiedete e vi sarà dato», tratto da Ellen G. White, Parole di vita, pp. 139-149 [88-97]; «Da Izreel a Oreb», tratto da Profeti e re, pp.155-166 [88-93].
«Quando noi chiediamo a Dio dei beni terreni, la risposta può ritardare, e può accadere che Dio ci conceda qualcosa di diverso; ma non è così quando chiediamo la liberazione dal peccato. Dio vuole purificarci dal peccato, farci suoi figli, renderci capaci di vivere una vita santa. Cristo “ha dato sé stesso per i nostri peccati, per sottrarci al presente secolo malvagio, secondo la volontà del nostro Dio e Padre” (Gal 1:4). “Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste” (1 Gv 5:14,15). “Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità” (1 Gv 1:9)» - DA, p. 266 [190].
«Se la vita delle persone malate lo può glorificare [Dio], pregheremo chiedendo che possano vivere; nondimeno, non secondo la nostra ma secondo la sua volontà. La nostra fede sarà più salda e credibile se affidiamo i nostri desideri alla saggezza assoluta di Dio e, senza ansietà febbrile, confideremo in lui con piena fiducia. Abbiamo la promessa, sappiamo che egli ci ascolta se faremo delle richieste secondo la sua volontà. Le nostre non devono assumere le sembianze di ordini, ma di un’intercessione presso il Padre affinché noi facciamo le cose che egli desidera» - 2TT, p. 149.
Domande per la discussione
1. Discutete in classe le vostre risposte alla domanda finale di giovedì.
2. Molti si sono arrovellati intorno alla questione che riguarda la «certezza della salvezza». Qual è di solito la motivazione alla base di questo problema?
3. Pensando a tutte le straordinarie promesse di vittoria espresse nella Bibbia, perché spesso cadiamo più volte nello stesso peccato?
4. In che modo si manifesta nel mondo attuale la realtà del gran conflitto? E nella nostra chiesa, o nei nostri focolari? Qual è il contributo che il Signore si aspetta da ognuno di noi per la causa di Cristo?