terça-feira, 12 de agosto de 2008

Guida allo studio settimanale della Bibbia - Il Salvatore pietoso

Guida allo studio settimanale della Bibbia

Il Salvatore pietoso

Letture: Giovanni 1:14; 3; 4; 9:1-7; Efesini 4:32; 1 Giovanni 2:12
«Vedendo le folle, ne ebbe compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore» Matteo 9:36
Pensiero chiave
Gesù è sempre venuto incontro alle necessità della gente. Cosa possiamo trarre dal suo esempio per riuscire ad agire analogamente?
Sul basamento che sorregge la Statua della libertà, sono incise queste parole, tratte dal sonetto New Colossus, della poetessa Emma Lazarus: «Datemi le vostre stanche, povere masse affollate, bramose di vivere libere». Le sue parole ricordano il ministero di Gesù, che disse: «Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre» (Mt 11:28,29).
La compassione motivò ogni aspetto dell'opera di Cristo, il quale si mise al servizio di tutti, indipendentemente dalla classe sociale, dal genere o dalla razza. Egli dimostrò la realtà del perdono e dell'amore incondizionato con la sua esistenza, ma ancora più potentemente con la sua morte in croce, pagando di persona le colpe dei nostri peccati.
Questa settimana analizzeremo più da vicino Gesù e il suo ministero, cercando di imparare il più possibile nell'ottica del servizio che attende ognuno di noi.
Leggere Matteo 4:25 e Luca 6:17. Quali due elementi specifici sottolineano i testi a proposito della reazione della gente al ministero di Gesù? Quanto incidono sull'efficacia del ministero stesso?
 
A quei tempi non esistevano spostamenti di massa, perché nessuno poteva salire su un aereo, mettersi in macchina o, al limite, servirsi di una bicicletta per andare da un luogo all'altro. A quei tempi i viaggi erano terribilmente lenti ed eccessivamente insidiosi. Ma questo non impedì a una «gran moltitudine» di andare ad ascoltare Gesù.
Marco 5:25-29; Giovanni 12:9; 6:15. Secondo questi testi, quali sono le motivazioni che spinsero alcuni a voler ascoltare Cristo?
La folla che seguiva Gesù era animata dalle più disparate motivazioni; alcuni avevano sentito dire che aveva parole di vita che pronunciava con autorità, e avevano fame di cibo spirituale; altri cercavano la guarigione fisica per se stessi, oppure per familiari e amici; altri ancora volevano vedere con i propri occhi se era colui che li avrebbe liberati dall'oppressione romana; c'era poi chi era semplicemente in cerca di curiosità.
Un giorno la folla era talmente numerosa e pressante che il Maestro dovette salire su una barca per insegnare a distanza (Mt 13:2); il numero dei presenti aumentò a tal punto da far esclamare ai farisei: «Ecco, il mondo gli corre dietro!» (Gv 12:19).
Per quale motivo seguo Gesù?
Le persone venivano attratte da Gesù. Marco dice che lo ascoltavano «con piacere» (Mc 12:37) e che si «stupivano del suo insegnamento» (Mc 1:22; 11:18). Spesso parlava e svolgeva il proprio ministero dinanzi a grandi masse, ma c'era anche un altro aspetto che lo contraddistingueva.
Giovanni 3; 4; 9:1-7. Cosa hanno in comune i passi indicati? Quale importante messaggio riguardante il ministero ci fanno pervenire?
 
Il fondamento del ministero di Gesù era rappresentato dal contatto personale: «Egli se ne andava per città e villaggi, predicando e annunziando la buona notizia del regno di Dio» (Lc 8:1).
Nel corso di pochi decenni, il suo messaggio si è diffuso in tutto il mondo allora conosciuto; ma ciò si verificò per una ragione ben precisa: la mano del Maestro aveva agito in modo personale sulla vita dei dodici discepoli, i quali decisero di proseguire l'opera missionaria di Cristo, stabilendo un contatto personale con altre persone.
I dodici avevano osservato Gesù interagire con le persone e avevano udito le parole di conforto e incoraggiamento rivolte a chi era «stanco e sfinito come pecore che non hanno pastore» (Mt 9:36). Questi individui sentirono Gesù dire loro: «Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre; poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero» (Mt 11:28-30).
Quale messaggio più allettante potrebbe esserci per persone che oggi sono schiacciate dallo stress, dallo scoraggiamento e cercano conforto e pace?
Perché il contatto personale è così importante? In che modo sei stato benedetto dall'attenzione che ti è stata personalmente rivolta da altre persone? Pensa a come poter utilizzare i tuoi doni e il tuo tempo nell'ottica di un servizio diretto, volto a soddisfare le necessità di un altro individuo.
La compassione era alla base di ogni cosa detta e fatta da Gesù, basta notare con quanta frequenza gli autori dei vangeli scrivano che egli era «ripieno di compassione» o «aveva pietà». A volte questo implicava una dura condanna del peccato; in certe circostanze il Maestro si rivolse aspramente ai capi religiosi, ma lo fece sempre con amore. Al centro di quella compassione c'era il perdono, perché Gesù lo insegnò e lo praticò spesso.
Se consideriamo l'essenza della teologia cristiana, secondo cui siamo tutti peccatori bisognosi del perdono divino, non può sorprendere il fatto che questo tema abbia un ruolo autorevole nella vita e negli insegnamenti di Gesù Cristo.
Cosa ci dicono i seguenti testi sul tema del perdono? Matteo 18:21,22; Luca 23:34; Giovanni 8:1-11; Efesini 4:32; 1 Giovanni 2:12.
 
Gesù paragona spesso la sua grazia alla remissione di un grande debito; immagina di dovere restituire un milione di euro a una  persona che ti abbona l'intera somma. Quale sentimento proveresti?
Ecco a cosa somiglia la grazia del Signore; se il debito è estinto lo dobbiamo a Cristo, che lo ha già pagato al posto nostro. Egli ribadisce continuamente che chi riceve il perdono è tenuto a sua volta a perdonare gli altri; un cristiano incapace di perdonare non è un crsitiano, basti pensare alla parabola del servo ingrato (Mt 18:21-34), alla storia di Maria e Simone il fariseo (Lc 7:36-50) e anche alla preghiera del Padre nostro: «E perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo a ogni nostro debitore» (Lc 11:4).
Se consideriamo quello che avvenne alla croce e il prezzo sopportato da Dio per poter riuscire a perdonare giustamente i nostri peccati, non è così difficile capire perché venga data tanta importanza al saper perdonare il prossimo. Pensiamo che luogo diverso sarebbe il mondo in cui viviamo se imparassimo a perdonare gli altri, e non ragionassimo solo in termini politici e di potere, ma estendessimo il concetto alle nostre relazioni personali, alle nostre esistenze familiari, ecc.
Quanto risentimento, rabbia e amarezza si sono accumulati in te a motivo del tuo rifiuto al perdono? Cosa puoi fare per imparare a perdonare chi ti ha fatto del male?
Giovanni 1:14. Quale straordinaria implicazione emerge da questo versetto? Cosa ci rivela a proposito del carattere di Dio? Pensa alle dimensioni e alla complessità dell'universo mentre rifletti sulla risposta.
 
 
Nei secoli XVIII e XIX, si fece strada una teoria, conseguenza della rivoluzione scientifica, chiamata «deismo». Sebbene insegnasse che Dio ci abbia creati, sosteneva che quello stesso Dio - lungi dal voler essere coinvolto nelle nostre vicende quotidiane - ci aveva lasciati soli, in pratica costringendoci ad arrangiarci da soli.
Secondo questa visione, il mondo era assimilabile a un orologio messo in carica da Dio e poi abbandonato. Egli creò le sue leggi naturali e noi esseri umani dobbiamo vivere al nostro meglio secondo tali leggi. È come un genitore che alleva il figlio finché non raggiunge i diciotto anni e poi gli dice: «Adesso ragazzo devi cavartela da solo; non ci vedremo più. Buona fortuna». Ma il dio così descritto non è quello della Bibbia, non corrisponde a quel Gesù Cristo che è diventato uno di noi, vivendo in mezzo a noi e che ha preso su di sé la nostra umanità e in quella condizione è morto per i nostri peccati; non corrisponde, in sostanza, a quel Dio descritto in Giovanni 1:14.
Il termine greco tradotto in Giovanni 1:14 con «ha abitato», skenoô, significa «piantare la propria tenda» o «vivere in una tenda». Quando Gesù è sceso su questa terra non ha vissuto lontano dalle persone che era venuto a servire, ma «piantò la sua tenda» in mezzo a loro, vivendo e operando in mezzo a loro e relazionandosi con le persone, ponendosi al loro stesso livello. Matteo cita la profezia di Isaia che narra di una vergine la quale dette alla luce un figlio chiamato Emmanuele e l'applica direttamente a Gesù, fornendo inoltre il significato di quel nome - «Dio con noi» (Mt 1:23).
Oltre a essere venuto a morire come nostro sostituto, Gesù scese in questo mondo per mostrarci esattamente com'è Dio. In una circostanza, Filippo gli chiese: «Mostraci il Padre».
Come rispose Gesù alla richiesta di Filippo (Gv 14:8-11)? Cosa rivela a proposito di Dio questa risposta? Quali aspetti di quel carattere emergono con estrema chiarezza? Ci sono alcuni lati che trovi fastidiosi e, nel caso, quali?
Gesù sapeva molto bene come comunicare alla gente, il suo linguaggio era mirato per il loro livello. Non ha mai utilizzato un parlare filosoficamente e teologicamente forbito, nonostante trattasse verità profonde. Si esprimeva con termini semplici e pratici che ognuno era in grado di comprendere, e faceva riferimento a cose che le persone potevano applicare alla propria esistenza. Gesù illustrava il suo insegnamento arricchendolo di immagini tratte dalla natura e relative ai comuni utensili presenti nelle case. Parlò di monete (Lc 15:8-10), di contadini che piantano semi (Mc 4:26-29), di lievito e farina (Mt 13:33), pecore (Mt 18:12-14), piante di fico (Mc 13:28-32), ecc.
Leggi qualche parabola tra quelle appena citate. Quale punto sottolineava Gesù in ogni esempio? Perché quelle immagini erano così adatte? Se Gesù avesse camminato oggi in mezzo a noi, in carne e ossa, quali immagini avrebbe potuto scegliere per sottolineare gli stessi concetti?
Leggendo quelle parabole, probabilmente avrai notato che quasi ogni immagine usata, se non tutte, sarebbe efficace anche oggi. Significa che in esse c'era un'universalità senza tempo che in un certo senso è paragonabile all'atemporalità del suo messaggio.
Perché Gesù usa proprio quelle immagini?
Matteo riporta numerose mini parabole che Gesù utilizzò per cercare di rappresentare il regno dei cieli. Disse, per esempio, che esso è simile a «un granello di senape» (Mt 13:31); al «lievito» (v. 33); a un «tesoro nascosto» (v. 44); a un «mercante che va in cerca di belle perle» (v. 45); a una «rete» (v. 47); a «un padrone di casa il quale tira fuori dal suo tesoro cose nuove e cose vecchie» (v. 52); a un «padron di casa, il quale, sul far del giorno, uscì a prendere a giornata degli uomini per lavorare la sua vigna» (Mt 20:1); a un «re, il quale fece le nozze di suo figlio» (Mt 22:2).
Quale di queste immagini, secondo te, è la più efficace? Perché Gesù ne usa così tante per ribadire e sottolineare sempre lo stesso concetto? Quale messaggio potrebbe volerci mandare il Signore con questo deliberato utilizzo di esempi diversi? Possono aiutarci ad imparare il modo migliore per testimoniare agli altri?
Leggere da Ellen G. White, La speranza dell'uomo, «Ammaestrate tutti i popoli», pp. 818-828 [625-635].
«In un insegnamento degno di questo nome l'elemento personale è indispensabile. Cristo, durante il suo ministero, ebbe a che fare con le persone individualmente. Fu con il contatto personale e con la sua personale compagnia che egli preparò i dodici apostoli. In privato, e spesso a un solo ascoltatore, Gesù impartì le più preziose lezioni. Dischiuse i più preziosi tesori all'onorato rabbino nel colloquio notturno sul monte degli Ulivi e alla donna samaritana presso il pozzo di Sicar; perché in quegli uditori il Maestro riconosceva un cuore sensibile, una mente aperta e uno spirito ricettivo. Perfino la moltitudine, che così spesso si affollava ai suoi piedi, non era per Cristo una massa informe di esseri umani. Egli parlava direttamente a ogni mente e interpellava ogni cuore. Osservando i visi dei suoi ascoltatori, notava come si illuminavano il loro sguardi, e il lampo di risposta dei loro occhi rivelava come la verità fosse penetrata nell'animo; solo allora faceva risuonare in quel cuore la corrispondente corda della gioia e della simpatia» - Ed, p. 231 [132].
Domande per la discussione
1.       Discutere in classe le varie risposte alle domande finali delle giornate di domenica e mercoledì.
2.       Come abbiamo visto, il contatto personale era elemento fondamentale nel ministero di Gesù. In che modo certi rapporti personali ti hanno influenzato ad accettare Gesù? Come può la mia comunità operare meglio per andare incontro alle necessità personali dei singoli?
3.       Sulla scorta dell'esempio di amore e tolleranza lasciatoci da Gesù, dobbiamo accogliere nella nostra chiesa qualsiasi individuo, indipendentemente dal suo stile di vita?
In sintesi
Gesù, il Salvatore pietoso, odiava il peccato ma amava i peccatori. Il suo metodo di servizio alla gente, sia mescolata tra la folla, sia individualmente, dovrebbe rappresentare il modello della nostra testimonianza presente. Grazie alla salvezza da lui ottenuta, possiamo estendere agli altri il suo amore e il suo perdono.


 
FONTE: http://www.avventisti.it/sds/sds.asp?idx=322


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