Letture: Levitico 19:18; Luca 14:26; Giovanni 3:20; 1 Timoteo 2:4; 2 Pietro 3:18; 1 Giovanni 2:3-11 «Da questo sappiamo che l'abbiamo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti» 1 Giovanni 2:3 Un pastore stava seguendo come consulente una coppia in difficoltà. Qual era il problema? L'uomo aveva avuto non una ma diverse relazioni extra-coniugali. Il marito cercava di calmare le acque dicendo alla moglie che anche se era stato con altre donne, questo non significava che non l'amasse. Le promise infatti che l'avrebbe amata più di ogni altra. Come si può ben immaginare, le sue parole non solo non risolsero la questione, ma la peggiorarono. Perché? Se ami qualcuno glielo devi dimostrare con i fatti, con i comportamenti e non solo a parole. Questa settimana Giovanni spiega cosa significhi conoscere e amare Dio. Chiunque può dire di amare il Signore; il punto è: secondo la Bibbia, come va manifestato quell'amore? Uno sguardo alla settimana Cosa significa conoscere Dio? Cosa vuol dire esserne semplicemente al corrente? Quale ruolo ha l'ubbidienza alla legge nella nostra relazione con Dio? Quali sono le parole di Giovanni per indicare Gesù quale modello di comportamento? Qual è il «nuovo comandamento» dato da Giovanni e fino a che punto è davvero nuovo? 1 Giovanni 2:3-5 L'espressione «da questo sappiamo» si ripete due volte nei passi sopra segnalati. Secondo Giovanni, cos'è che i cristiani sanno? Primo, che hanno conosciuto Dio (v. 3), e secondo che «sono in lui» (v. 5). Tenendo presente la posta in gioco (vita o distruzione eterne, cfr.Gv 5:29), si tratta di cose certamente fondamentali da conoscere. Occorre fare molta attenzione e non trasformare la conoscenza stessa in strumento di salvezza; è proprio questo il genere di eresia che Giovanni tratta in questi e in altri passi: l'idea che la conoscenza da sola determini la salvezza. Conoscenza(gnosi) era un termine fondamentale nella religione antica e un concetto importante nel mondo religioso dei primi secoli dopo Cristo; probabilmente, dal secondo secolo in poi si è sviluppata fino a diventare per i cristiani un'eresia assoluta, chiamata gnosticismo. Lo gnosticismo non aveva alcuna preoccupazione per il comportamento morale, ma sottolineava l'esperienza mistica e faceva circolare miti fantasiosi riguardanti Dio e la natura dell'umanità. La salvezza poteva essere ottenuta mediante questa conoscenza segreta e non attraverso una relazione di fede con il Signore. Quale utilizzo fa il Nuovo Testamento dell'idea di conoscenza? Matteo 13:11; Luca 1:34,77; Giovanni 17:3; Romani 3:20; 1 Corinzi 8:1; 1 Timoteo 2:4; 2 Pietro 3:18; 1 Giovanni 4:8 Nel Nuovo Testamento «conoscere/conoscenza» ha un significato teoretico e teologico, ma fa riferimento anche alle relazioni. Conoscere Dio vuol dire stabilire un rapporto intimo con lui, che per sussistere presuppone ubbidienza, amore e volontà di astenersi dal peccato. Il lato teoretico e quello pragmatico della conoscenza devono andare di pari passo. Giovanni utilizza spesso il verbo «conoscere», ma praticamente mai il sostantivo «conoscenza». Forse aveva deciso di evitare il termine più tecnico per evitare qualsiasi confusione e accostamento con lo gnosticismo. Conosci realmente il Signore, oppure ne hai solo sentito parlare? Qual è la differenza di fondo tra questi due concetti? 1 Giovanni 2:3-5 Chiunque può affermare di conoscere Dio e infatti lo ha sostenuto tanta gente, anche ai tempi di Giovanni; ancora oggi sono in tanti a dirlo; parlare, in fondo, non costa niente. Qual è per Giovanni la prova inconfutabile attestante la conoscenza di Dio da parte di una persona? Giovanni 14:15,21; 15:10; 1 Giovanni 3:22,24; 5:3; Apocalisse 12:17; 14:12. In che modo questi versetti si collegano tra loro? Perché ratificano la posizione avventista di fronte alla legge? Per Giovanni e per Gesù, l'osservanza dei comandamenti è estremamente importante e il concetto torna abbastanza frequentemente negli scritti dell'apostolo. Osservare i comandamenti è il segno che conosciamo Dio/Gesù e lo amiamo. In questo contesto amore e ubbidienza sono collegati; il termine lui può essere riferito sia a Dio Padre sia a Gesù ed è per un certo verso ambiguo, forse volutamente. 1 Giovanni 2:4 afferma la stessa verità servendosi di una negazione e potrebbe essere la risposta alla falsa affermazione di quanti dicono che è possibile conoscere Dio e tuttavia astenersi dall'osservarne i comandamenti. Giovanni attacca quest'idea con un linguaggio molto duro, definendo bugiardi tutti quelli che la diffondono. Perché l'osservanza della legge dovrebbe rivelare la nostra conoscenza di Dio? In che modo il nostro «atto» di osservanza svela la concretezza di questa conoscenza? In che modo l'uno si collega all'altro? La conoscenza di Dio di cui parla la Bibbia non è una semplice cognizione dei fatti; è una consapevolezza che getta le basi per un rapporto d'amore, e se si ama qualcuno ci si comporterà in una determinata maniera. Un uomo davvero innamorato non tradirà la propria moglie, ma professerà il suo sentimento giorno e notte e nel caso il suo modo di agire non dimostrasse quell'amore, allora significa che egli è «un bugiardo», mutuando le parole di Giovanni. Quali altre analogie possono essere utili per capire come mai ubbidienza e comportamenti siano componenti inseparabile della conoscenza di Dio? 1 Giovanni 2:6-8 Un po' di tempo fa c'era in voga una moda tra i giovani cristiani, che indossavano braccialetti con le lettere Wjwd, che è un acronimo della lingua inglese: «What Jesus Would Do?», e cioè «Che cosa farebbe Gesù?». Anche se qualcuno ha ridicolizzato la cosa definendola infantile, bisogna riconoscere che l'idea dalla quale ha preso il via era buona: quando ci troviamo a dover affrontare una determinata situazione, dovremmo pensare a come si comporterebbe Gesù e cercare di fare altrettanto. Questa premessa ben si armonizza con quanto dice Giovanni in questi versetti. La prima parte del nostro passaggio ha evidenziato con forza che camminare nella luce e conoscere Dio significa ubbidire. La seconda parte esorta i cristiani che vogliono essergli fedeli e camminare nella luce a vivere le loro esistenze seguendo l'esempio di Cristo. In che modo? Devono scoprire in che modo ha vissuto Gesù e confrontare quotidianamente la loro condotta con la sua. In altre parole, «che cosa farebbe Gesù?». Quali sono i tuoi episodi preferiti della vita di Gesù? Quali le storie che parlano al tuo cuore rivelandoti il tipo di persona che era? Quanto gli somigli in tali ambiti? Se la morte e la risurrezione di Cristo sono il punto di massima tensione dei vangeli, abbiamo informazioni sufficienti relative ai suoi insegnamenti e alla sua vita per poter capire come dovrebbe, idealmente, vivere un uomo. È importante ricordarlo, perché a volte le persone vogliono concentrare la propria attenzione solo sul Gesù salvatore, sostituto e non sul Gesù loro Signore ed esempio. Giovanni lo accettò sia come salvatore, sia come esempio. In 1 Giovanni 1:7 aveva citato il sangue purificatore di Cristo, che rimanda alla sua morte sulla croce al posto nostro. Secondo quanto si legge al capitolo 2:2 Gesù è il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati, è stato nostro sostituto. Ma nei versetti che prendiamo in esame questa settimana emerge l'altro aspetto, quello della sua vita esemplare e noi siamo chiamati a seguire le sue orme. Tutti noi siamo chiamati ad affrontare qualche genere di difficoltà nella nostra vita. Pensa alla tua preoccupazione principale, alla sfida più grande e poi domandati: «Che cosa farebbe Gesù se fosse al mio posto?». Dopo avere trovato la risposta che reputi migliore, pensa a questo: «Che cosa mi impedisce di fare la stessa cosa?». 1 Giovanni 2:7,8 Dopo avere sottolineato l'importanza di ubbidire ai comandamenti (1 Gv 2:3,4), ai vv. 7 e 8, Giovanni introduce il concetto di un «nuovo comandamento». Di cosa si tratta? La risposta si trova in Giovanni 13:34, dove compare la stessa espressione, «nuovo comandamento». Leggere il capitolo 13 del vangelo di Giovanni. Qual è il contesto che ci aiuta a identificare questo «nuovo comandamento»? Dopo avere mostrato ai suoi discepoli cosa significasse servire, nello specifico fino a un atto di umiliazione consistente nel lavare i piedi gli uni agli altri, Gesù citò il suo «nuovo comandamento». I discepoli dovevano amarsi tra loro proprio come li amava Gesù. Una circostanza simile si verifica in 1 Giovanni 2:6-8. Dopo aver detto che occorre seguire l'esempio di Gesù, l'apostolo rimanda al comandamento di Giovanni 13. È questo collegamento letterario con i versetti 34,35 che ci aiuta a svelare il significato di 1 Giovanni 2:7,8. Il comandamento di cui parla l'apostolo riguarda l'amore fraterno. Ma perché afferma di stare scrivendo non un nuovo, ma un vecchio comandamento? Perché quello dell'amore amichevole era già presente nell'Antico Testamento (Lv 19:18). Quando Giovanni scrisse questa epistola, il «nuovo comandamento» di Giovanni 13:34 era già stato tale per molti anni. Ma in un certo senso è da considerare nuovo per il fatto che si è concretizzato con continuità nella vita di Gesù Cristo («in lui» [v. 6]) e doveva manifestarsi in coloro che lo seguivano («e in voi» [v. 8]) in un modo che non aveva precedenti, per via della nuova era inaugurata con il primo avvento del Messia («perché le tenebre stanno passando, e già risplende la vera luce» [v. 8]). E il concetto della legge di Dio collega la prima parte del nostro passaggio (1 Gv 2:3-6) alla seconda (1 Gv 2:7,8). I comandamenti vengono riassunti in uno: quello che ordina di amarsi gli uni gli altri. Camminare nella luce e seguire l'esempio di Gesù significa osservare i comandamenti e amarsi reciprocamente. Qual è l'ultima volta che hai lavato i piedi a qualcuno, simbolicamente parlando? Se è passato molto tempo, questo ti dice qualcosa? Perché è così difficile realizzare nella nostra esperienza la morte del proprio io, responsabile del servizio verso il prossimo? Riassumi le parole che Giovanni ci rivolge nei seguenti versetti: 1 Giovanni 2:9-11 Di amore si accenna in 1 Giovanni 2:5, ma si tratta ovviamente del nostro amore per Dio, che si manifesta quando osserviamo i suoi comandamenti. Esso ritorna indirettamente nella seconda parte del nostro passaggio, il nuovo comandamento (vv. 6-9). Ma di amore verso i nostri fratelli cristiani si parla esplicitamente nell'ultima sezione del nostro paragrafo (vv. 9-11), anch'essa introdotta dall'espressione «chi dice» (cfr. vv. 4,6,9). Al v. 9 c'è una frase riguardante il membro di chiesa che odia il suo fratello e che per questo viene collocato nelle tenebre; il versetto che segue mostra invece il lato positivo e precisamente la persona che ama il suo fratello. Con il v. 11 si torna al tema dell'odio; si tratta di un individuo che non solo si trova nelle tenebre ma che ha anche gli occhi accecati. L'interesse primario della lettera di Giovanni è rivolto alla comunità cristiana. Questo non significa che intendesse negare il fatto che i credenti siano comunque chiamati ad amare il loro prossimo e addirittura i loro nemici; ma non è l'oggetto della sua preoccupazione in questo contesto, perché deve risolvere altri problemi. Odiare il proprio fratello è un'espressione molto dura e probabilmente non gradiamo che sia estendibile a noi e alla nostra esperienza. Preferiamo dire che siamo irritati od offesi; ma la Scrittura usa spesso il verbo «odiare» in un modo che oggi è inconsueto. Come viene utilizzato e come va interpretato nei seguenti passi? Matteo 6:24; 24:9,10; Luca 14:26; Giovanni 3:20. Il termine «odio» nella Scrittura non esprime solamente il significato che oggi normalmente gli viene attribuito, ma vuol dire anche preferire una persona piuttosto che un'altra o trascurare qualcuno. In pratica, non occorre disprezzare per rivelare «odio» secondo il significato che gli dà la Bibbia. C'è una persona che «odi» e forse anche per validi motivi? Se la risposta è affermativa domandati cosa farebbe Gesù al tuo posto. Leggere: Genesi 39:7-12, Daniele 3:8-18 e Apocalisse 13:16; 14:5. Camminare nella luce, ovvero osservare i comandamenti, vivere come Gesù e praticare l'amore sarà importante soprattutto negli ultimi tempi della storia del mondo. La legge di Dio sarà sotto assedio e la questione della vera adorazione e dell'ubbidienza al creatore sarà sempre più in prima linea. La Scrittura cita esempi di persone che rimasero fedeli anche nelle situazioni più scabrose: Giuseppe, gli amici di Daniele, Daniele stesso e molti altri. Ma l'esempio per eccellenza è Gesù e noi siamo chiamati a prendere la decisione di seguire la sua guida, qualunque sia il prezzo da pagare. «Giovanni afferma che il vero amore per Dio sarà rivelato nell'ubbidienza a tutti i suoi comandamenti. Per essere dei veri cristiani non è sufficiente credere nella teoria della verità e neanche limitarsi a credere che Gesù non è un impostore o che la religione della Bibbia non è un frutto dell'immaginazione umana… L'apostolo Giovanni non insegnò che la salvezza si ottiene per mezzo dell'ubbidienza, ma che l'ubbidienza è il frutto della fede e dell'amore» - AA, p. 563 [353]. Domande per la discussione 1. Un conto è osservare i comandamenti, un altro amare gli altri. Qual è la differenza? Qual è più facile tra le due cose e perché? 2. Il filosofo francese Michel Foucault distinse tra due tipi di conoscenza: quello che trasformava chi l'acquisiva e quello che non portava alcun cambiamento. Quali esempi si potrebbero fare di questi due generi di conoscenza? Ma soprattutto, quale delle due è quella che permette di conoscere Dio? 3. In che modo possiamo scansare la trappola di cercare di guadagnare la salvezza osservando i comandamenti, ma anche quella di credere che si possa essere salvati pur disubbidendo alla legge? 4. Cosa puoi fare, insieme alla tua classe, per aiutare la tua chiesa a capire meglio cosa significhi manifestare amore? Esiste nella tua realtà l'amore comunitario? Descrivi il tuo ideale di chiesa che ama. |