terça-feira, 28 de julho de 2009

3. CAMMINARE NELLA LUCE: ALLONTANARSI DAL PECCATO

3. CAMMINARE NELLA LUCE: ALLONTANARSI DAL PECCATO


Letture: Giovanni 3:19; 8:12; Romani 3:10-20; 1 Timoteo 1:15; 1 Giovanni 1:5-2:2

 «Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità» 1 Giovanni 1:9

 Nel 1982 andò in mostra un'insolita opera d'arte moderna: si trattava di un fucile da caccia attaccato a una sedia. L'oggetto poteva essere ammirato sedendosi sulla seggiola e guardando direttamente nella canna del fucile; c'era però un problema: l'arma era carica e collegata a un timer programmato per fare fuoco in momento indeterminato da lì a cento anni. Con grande sorpresa, la gente faceva la fila per sedersi e fissare la canna pur sapendo che l'arma avrebbe potuto sparare in qualsiasi istante. Quando si dice tentare la sorte!

Purtroppo, l'uomo si comporta analogamente con il peccato, convinto di poter guardarlo in faccia e uscirne indenne. Ma a differenza del fucile, il peccato, se non viene guarito con il modo giusto, porterà certamente alla morte.

Questa settimana Giovanni prende in esame la problematica del peccato e la relativa soluzione offerta da Gesù Cristo.

 Uno sguardo alla settimana

Che cosa intende la Bibbia quando definisce Dio «luce»? Quali errori di valutazione riguardanti la realtà del peccato cerca di affrontare Giovanni in questi primi passi? Quali promesse ci presenta l'apostolo per rimediare al peccato che condiziona le nostre esistenze? Perché abbiamo bisogno di quelle promesse?

1 Giovanni 1:5

 Leggere 1 Giovanni 1:5. Cosa vuol dire Giovanni affermando che «Dio è luce»? Dopo tutto la luce è semplicemente un fenomeno fisico, una forma di energia fatta di fotoni. Quale punto vuole sottolineare l'apostolo? Salmo 27:1; 36:9; Matteo 4:16; Giovanni 3:19; 8:12; 12:46; 1 Timoteo 6:16

 Il termine luce viene associato sia a Gesù sia al Padre. La luce è la gloria di Dio e indica che egli è colui il quale può donare la salvezza. L'immagine sottolinea inoltre il concetto di verità e rivelazione e, soprattutto nel contesto immediato, esalta le sue qualità morali di giustizia, santità e perfezione (cfr. 1 Gv 2:9).

 Perché Giovanni non si limita a dire che Dio è «luce», ma aggiunge che «in lui non ci sono tenebre»?

 Aggiungendo questa frase, l'apostolo enfatizza con forza la perfezione di Dio e la sua separazione dal peccato. Egli non è paragonabile agli dèi greci o romani, i quali incarnano anche vizi e virtù umani. Dio è pura santità, pura bontà, pura giustizia; in un certo senso è l'esatto opposto del peccato, come la luce rispetto alle tenebre.

Il riferimento di Giovanni all'oscurità introduce un nuovo elemento, propedeutico di ciò che seguirà. Gli uomini, esseri corrotti e radicati nel peccato, appartengono per natura al regno delle tenebre, non certo a quello della luce. Se Dio è luce e noi siamo sprofondati nel buio, il contrasto, soprattutto in termini di santità e giustizia, non potrebbe essere più stridente.

 Quale genere di emozioni, immagini e pensieri evocano le tenebre? Spiega che cosa rappresentano per te e come ti fanno sentire. Perché sono una metafora così calzante se associate al peccato e alla malvagità?

1 Giovanni 1:6,8,10

 Il brano contenuto in 1 Giovanni 1:6-10 forma un'unità. Dopo la dichiarazione principale sulla personalità di Dio, Giovanni passa a occuparsi di alcune dottrine che pare circolassero tra i credenti e nei riguardi delle quali è molto critico. I cinque passi iniziano più o meno nello stesso modo, con l'espressione «se noi». Ma leggendoli attentamente si colgono nette distinzioni tra di essi.

 Ai vv. 6,8 e 10 Giovanni parla di alcune false affermazioni. Quali sono e che cosa hanno in comune tra loro?

 Il primo punto riguarda la comunione con Dio. Ci sono persone che dichiarano di possederla, ma che in realtà camminano nelle tenebre, e quindi ben distanti dal Signore. Solo chi cammina nella luce (v. 7) può sperimentare la vera comunione fraterna e viene purificato dai propri peccati. Camminare nelle tenebre equivale dunque a vivere nel peccato. Secondo Giovanni, chi fa questa scelta e dice di essere in comunione con Dio, mente.

Le due asserzioni seguenti (vv. 8 e 10) sono anch'esse inerenti al peccato. Giovanni si scaglia a parole contro di esso, ma è estremamente esplicito nel definire reale la sua presenza nella nostra vita. Al v. 8 sembra voler contrastare la credenza secondo cui l'uomo non sarebbe colpevole, un insegnamento completamente contrario alla dottrina cristiana più elementare.

 Perché l'affermazione del v. 10 è così rilevante? Quali implicazioni nascono teorizzando l'idea che gli uomini «non hanno peccato»?

 Notare la progressione in questi versetti: il v. 6 dice che chi cammina nelle tenebre è nella menzogna; il v. 8 dice che chi crede di essere esente dal peccato inganna se stesso e il v. 10 aggiunge che in questo caso Dio stesso diventerebbe bugiardo. Ovviamente, Giovanni comprende la concretezza e la gravità della problematica relativa al peccato per l'umanità.

 Sei abbastanza onesto da riconoscere che il peccato nella tua vita è un dato di fatto? Tendi a ignorarlo, giustificarlo oppure sei autocritico? Esiste un atteggiamento giusto? Se sì, quale?

1 Giovanni 1:7,9; 2:2

 È evidente che in questi passi Giovanni tratta la gravità del peccato; che cos'è per lui? Al capitolo 3, v. 4, dice che è anche la trasgressione della legge; in 1 Giovanni 5:17 è iniquità, l'allontanamento dalla volontà divina che ci è stata rivelata nella Scrittura. Il peccato è il contrario della verità, separa da Dio la persona che lo commette, facendola precipitare in una condizione che ne determina la morte spirituale. Il peccato, al singolare, può indicare il distacco del peccatore da Dio; i peccati, al plurale, possono invece significare le azioni malvagie. Comunque la si veda, una cosa è certa: il peccato è una realtà concreta e se non lo affrontiamo in maniera adeguata, ci annienterà.

 1 Giovanni 1:7 e 9 contengono promesse divine relative alla soluzione del peccato. Quali sono e come possiamo concretizzarle nella nostra vita? In che modo è possibile sperimentare personalmente ciò che Dio ci promette in questi versetti?

 Il perdono dei peccati è stato reso possibile con la morte di Cristo sulla croce, il versamento del suo sangue inteso come il sacrificio. Dato che abbiamo violato la legge e siamo dunque meritevoli di morte, egli è morto al nostro posto e ci ha affrancato dalla condanna eterna che altrimenti avremmo subito. Ma c'è dell'altro: il suo sangue ci purifica da ogni peccato.

Da parte nostra, però, è necessaria la confessione dei peccati. Il verbo «confessare» di 1 Giovanni 1:9 significa anche «ammettere», «riconoscere». Il testo non dice a chi si debba confessare, ma è sottinteso che si riferisca a Dio, perché nella seconda parte del versetto si legge che qualora i peccati siano confessati, Dio è fedele e giusto da perdonarli. Forse l'atto prevede anche una confessione pubblica davanti a chi è stato ferito dal nostro comportamento, ma se anche fosse, il perdono può provenire solo da Dio.

1 Giovanni 1:9 contiene anche la forza di un ordine; portiamo al Signore i nostri peccati ed egli ci perdonerà e ci purificherà; il peccato ci rende colpevoli e bisognosi di perdono. Ci rende impuri e abbiamo l'esigenza di essere lavati. Mediante Gesù, Dio ha trovato la strada per farci ottenere entrambe le cose.

 Cosa devi cambiare nella tua vita per accedere a queste meravigliose promesse? Che cosa ti trattiene dall'abbandonare del tutto certi comportamenti errati?

1 Giovanni 2:1

 In 1 Giovanni 2:1 l'apostolo ci esorta a non peccare. Come interpretare questo monito?

 L'esortazione a non peccare segue quella che invita a camminare nella luce, introdotta dall'affermazione secondo cui Dio stesso è luce. Se desideriamo vivere in comunione fraterna con lui e i suoi figli, dobbiamo muoverci nella luce, il che significa la rinuncia al peccato (1 Gv 2:1). Giovanni si rivolge ai credenti in modo intimo e affettuoso, definendoli «figlioli miei» e rivelando loro il motivo di quella lettera: rinunciare completamente al peccato. In questo modo egli non vuole lasciare intendere che sia possibile un'esistenza del tutto immacolata, ma supplica i cristiani di prendere le distanze da ogni deliberata azione malvagia.

 Perché Giovanni addolcisce il suo appello a non peccare con la frase «e se anche uno pecca»? 1 Re 8:46; Romani 3:10-20; 1 Timoteo 1:15

 Questa discussione sul peccato avrebbe potuto essere fraintesa, perché qualcuno poteva pensare che peccare non ha importanza: «Non sostenere di essere senza peccato, perché sei comunque un peccatore. Quindi, vivi la tua vita e non preoccuparti del peccato». Giovanni si trova allora a dover riequilibrare questa presa di posizione e lo fa in 1 Giovanni 2:1. Lo scopo di un discepolo di Cristo è quello di non peccare; i cristiani devono ammettere di essere peccatori, tuttavia devono altresì ricercare un'esistenza senza peccato. L'apostolo non vuole però trasmettere l'idea che si possa essere perfettamente puri e quindi, accanto a questo appello, aggiunge: «Se qualcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato…».

È un'evidente ammissione della concretezza del male nell'esperienza dei credenti cristiani; anche quelli più consacrati e sinceri possono trasgredire. Peccare è purtroppo una possibilità sempre reale per ogni membro di chiesa ed è per questo che serve aiuto; c'è bisogno di qualcuno che ci aiuti a resistere alla tentazione, ma anche di qualcuno che intervenga in nostro soccorso dopo aver già violato la legge.

 Come si può imparare a vivere con la tensione e la consapevolezza di essere peccatori e l'esortazione biblica a non peccare?

1 Giovanni 2:1,2

 1 Giovanni 2:1,2 include delle meravigliose affermazioni che consolano i trasgressori pentiti dando loro speranza e coraggio. Nonostante il peccato, la colpa e le terribili conseguenze spesso frutto delle nostre malvagità, c'è una soluzione. Giovanni ha già accennato al perdono o alla purificazione dei peccati, adesso ritorna sull'argomento sostenendo che il perdono è stato reso fruibile mediante Gesù. In che modo? Innanzitutto, egli è nostro avvocato e interviene a nostro favore; l'avvocato viene identificato come Messia («Cristo») e viene detto giusto. La giustizia è già stata attribuita a Dio Padre (1 Gv 1:9); ma ora è attribuita anche al Figlio (1 Gv 2:1) ed è proprio in virtù della sua giusta personalità che egli ha facoltà di intercedere per noi.

In secondo luogo, il nostro perdono è garantito perché, mediante il sacrificio sulla croce, Gesù ha compiuto la propiziazione o l'espiazione; significa che ha pagato la colpa dei nostri peccati. Il debito a nostro carico, che non saremmo mai stati in grado di saldare, è stato estinto per noi da Gesù. Nel contesto della testimonianza del Nuovo Testamento significa che Gesù ha vissuto una vita pura in mezzo agli uomini, è morto sulla croce, è risuscitato ed è salito in cielo dove attualmente intercede a nostro beneficio. Il termine paraklêtos, tradotto con «avvocato» in 1 Giovanni 2, è stato reso in maniera diversa: «consolatore», «soccorritore», «mediatore» o «intercessore» (Gv 14:16,26; 15:26; 16:7; 1 Gv 2:1). Si tratta di una persona che viene chiamata ad affiancare qualcun altro e a prenderne le parti. Unparaklêtos può essere un soggetto che aiuta un amico. Nel vangelo di Giovanni lo Spirito Santo è il «soccorritore»; nella prima epistola di Giovanni, Gesù è «soccorritore» e «intercessore» (1 Gv 2:1).

Quando parliamo di Gesù quale nostro avvocato, traendo conforto dal fatto che egli sia strumentale ai fini del perdono dai peccati, occorre stare attenti a non dare l'impressione di un Padre duro e severo, che un intermediario debba convincerlo a perdonarci. Una simile rappresentazione è infondata; Dio ha donato suo Figlio per amore nostro (Gv 3:16). Pochi versetti prima ci viene detto che egli è «fedele e giusto» da perdonarci e purificarci (1 Gv 1:9).

Gesù non deve mitigare l'ira del Padre, perché è proprio quest'ultimo ad avere rivelato, mediante Cristo, la sua volontà di redimere l'umanità.

 Considerando quanto abbiamo appena letto, come interpreti le meravigliose promesse contenute in 1 Giovanni 2:1,2? Che peso hanno nel nostro rapporto quotidiano con il Signore? Come puoi concretizzarle meglio nella tua esistenza e quali cambiamenti dovrebbero provocare?

Leggere «Liberarsi dal peso del passato», tratto da ellen G. White, La via migliore, pp. 37-41 [35-39].

 «"Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità" (1 Gv 1:9). Le condizioni per ottenere misericordia da Dio sono semplici e ragionevoli. Il Signore non esige che ci sottoponiamo a un peso gravoso pur di ottenere il perdono. Non c'è bisogno di fare lunghi, spossanti pellegrinaggi, né di compiere dolorose penitenze, per raccomandare la nostra anima al Dio del cielo e per espiare le nostre trasgressioni. Colui che "le confessa e le abbandona otterrà misericordia" (Prv 28:13).

Nelle corti celesti, Cristo sta supplicando per la sua chiesa: intercedendo in favore delle anime per le quali egli ha pagato con il proprio sangue il prezzo di riscatto. I secoli e i millenni non possono diminuire l'efficacia del suo sacrificio espiatorio. Né vita né morte, né altezza né profondità, possono separarci dall'amore di Dio che è in Cristo Gesù; e questo non perché noi ci teniamo stretti a lui ma perché egli ci tiene stretti a sé. Se la salvezza dipendesse dai nostri propri sforzi, noi non potremmo essere salvati, ma essa dipende dall'autore di tutte le promesse» - AA, pp. 552,553 [346,347].

 Domande per la discussione

1.       Condividere nella classe i pensieri, le emozioni e le immagini suscitate in ciascuno dei presenti dalle «tenebre».

2.       Come aiutare chi si sente oppresso dal peso delle proprie colpe e fargli capire che è il momento giusto per abbandonarsi completamente al Signore? Quali promesse e quali incoraggiamenti possiamo offrire loro? Citare qualche episodio biblico in cui Dio ha perdonato peccati davvero odiosi.

3.       Qualcuno pensa che si debba essere immacolati prima di venire salvati. Come rispondere a questa errata concezione, senza dare l'impressione di sottovalutare la gravità del male?

4.       Un assassino uccise gran parte di una famiglia non cristiana. Anni dopo, nel dibattimento in aula, confessò il suo crimine e accettò Cristo quale suo salvatore. Cosa ribatteresti a questo commento di uno dei componenti sopravvissuti di quella famiglia: «E così secondo voi cristiani la mia famiglia è destinata alla pena definitiva, mentre chi li ha uccisi adesso possiede la promessa della salvezza? È questa la religione che professate»?

FONTE: http://avventisti.it/sito/bibbia_dettagli.asp?id=441