domingo, 10 de janeiro de 2010

1. «DAI LORO FRUTTI...»

1. «DAI LORO FRUTTI...»

26 dicembre - 1 gennaio

sabato 26 dicembre

Letture: Luca 13:7-9; Giovanni 11:4; 12:28; 15:1-10; 2 Timoteo 3:5

«Li riconoscerete dunque dai loro frutti» Matteo 7:20

Una delle più elettrizzanti promesse del Signore dice che se dimoreremo in lui e permetteremo al suo Spirito di fare altrettanto in noi, saremo davvero diversi. Le nostre esistenze saranno trasformate in modo anche radicale.

«Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove» (2 Cor 5:17).

Questo trimestre lo dedicheremo allo studio di varie sfaccettature che riguardano il frutto dello Spirito. Il meraviglioso piano della salvezza ci garantisce che «noi tutti, a viso scoperto, contemplando come in uno specchio la gloria del Signore, siamo trasformati nella sua stessa immagine, di gloria in gloria, secondo l'azione del Signore, che è lo Spirito» (2 Cor 3:18). Chi dimora costantemente in Cristo produrrà il frutto dello Spirito.

Ti capita, talvolta, di chiederti se quella promessa riguarda anche te? La risposta non può che essere palesemente affermativa, possiamo assolutamente confidare nel fatto che chi ha iniziato in noi questa buona opera la porterà a termine (Fil 1:16).

Ricordiamoci delle sue parole: «Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; affinché tutto quello che chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia» (Gv 15:16). E la migliore notizia, tuttavia, è che quest'opera buona intrapresa nella nostra vita dallo Spirito Santo, non riguarda solo il presente ma l'eternità.



domenica 27 dicembre

«Perché ogni albero si riconosce dal proprio frutto» Luca 6:44

Qualcuno ti ha mai chiesto se hai ricevuto lo Spirito Santo? In genere è uno stratagemma per scoprire se parli in «lingue»; per certe persone, il parlare in lingue è il fattore determinante che attesta se lo Spirito dimora o meno in un individuo; Gesù, però, ci esorta a non considerare certi segni e miracoli esteriori come prove di chissà cosa.

Leggiamo il suo chiaro monito in Matteo 7:21-23 (cfr. Ap 16:14). Il Maestro dice, senza mezzi termini, che nel suo nome saranno fatti miracoli innegabili, ma non saranno la dimostrazione che quelle persone siano suoi fedeli discepoli. Sappiamo che negli ultimi giorni, individui che si professeranno servitori di Cristo, avranno l'apparenza della pietà ma ne rinnegheranno la potenza (2 Tm 3:5).

Leggere 2 Timoteo 3:5. Come si manifesta oggi questa realtà?

«Non c'è infatti albero buono che faccia frutto cattivo, né vi è albero cattivo che faccia frutto buono; perché ogni albero si riconosce dal proprio frutto; infatti non si colgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva dai rovi» (Lc 6:43,44).

Gesù ha detto che riconosceremo un albero dai frutti che produce; una persona rivela se stessa non tanto sulla base di ciò che professa, quanto sulla base di ciò che dimostra di essere. I doni dello Spirito vengono elargiti alla chiesa in vista del suo ministero; il frutto dello Spirito viene donato al figlio di Dio perché la sua vita sia trasformata. Dimostrarsi un sincero cristiano e produrre un buon frutto significa porre la sottolineatura sull'essere; un bravo attore può recitare nel ruolo di Gandhi, ma non potrà mai essere il Mahatma. Possiamo sembrare e apparire buoni, ma se lo Spirito Santo non ci donerà un cuore nuovo,
non potremo mai esserlo davvero.

Rifletti sulla distinzione tra fare il bene ed essere buoni. Cosa intendiamo noi per «buoni»? Può un individuo fare il bene ma non essere buono? Oppure essere buono e non fare il bene?


lunedì 28 dicembre
NON POSSIAMO NULLA SENZA IL PADRE

Due ragazzi si servivano di un albero da frutto per uscire dalla finestra della loro stanza al secondo piano e andare a nuotare senza il permesso dei genitori. Un giorno sentirono il padre dire che avrebbe fatto cadere l'albero poiché era morto. Nel timore di perdere la loro via di fuga, andarono in un negozio dove comprarono delle mele artificiali che attaccarono ai rami della pianta morta. Il mattino seguente il padre si stupì vedendo quelle mele che sembravano essere cresciute di notte, soprattutto perché si trattava di un albero di pere!

Leggere Giovanni 15:1-5 e rispondere alle seguenti domande:

Gesù ha affermato di essere la vera vite. Perché ha voluto sottolineare questo concetto? Matteo 24:24

Che cosa rappresentano i tralci del v. 5? Che cosa significa da un punto di vista pratico? Ovvero, come dovremmo vivere?

Il v. 4 spiega che un tralcio non può portare frutto se non è collegato alla vite; si tratta di un concetto decisivo, che non dovremmo mai mancare di cogliere.

Immagina un melo e un ramo caduto, pieno di frutti appena maturi. Che cosa accadrà a quel ramo? E le mele? Cambierebbe qualcosa se le colorassimo di un bel rosso vivo? Supponiamo poi di annaffiare il ramo o di mettere del fertilizzante sul terreno circostante; il ramo continuerebbe a produrre mele se lo piantassimo nel suolo? Perché, dunque, per esso è fondamentale essere collegato al tronco?

In che modo dimori in Gesù e che cosa si intende con questa espressione? Cosa dovresti cambiare nelle tue abitudini per renderla un'esperienza quotidiana? Quali modi di fare e quali abitudini impediscono che tu dimori in lui?


martedì 29 dicembre
IN QUESTO È GLORIFICATO IL PADRE MIO

«In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto, così sarete miei discepoli » Giovanni 15:8. Che cosa significa?

C'è un proverbio che dice: «Si può fare la cosa giusta per la ragione sbagliata». Se ciò fosse vero, è possibile provare a dimorare in Cristo per un motivo sbagliato? Questo atteggiamento non è un mezzo per raggiungere il fine, ma il fine in sé. Se dimoreremo in lui porteremo molto frutto, non per il nostro prestigio ma per la gloria di Dio. In altri termini, il frutto dello Spirito non deve far apparire noi persone buone, ma deve manifestare la bontà del Signore.

Il ministero di Cristo, inclusi i miracoli e le buone opere, aveva una forza trainante ben definita. Di che cosa si trattava e in che modo quest'idea dovrebbe condizionare le nostre motivazioni? Giovanni 11:4; 12:28

Forse anche la tua comunità è alla ricerca di strade nuove per presentare una buona immagine della chiesa; si tratta di un fatto positivo. Allo stesso tempo, però, dovremmo fare molta attenzione alle nostre motivazioni e agli obiettivi che ci prefiggiamo. Qual è lo scopo ultimo di tutti questi impegni? Presentare una bella immagine di noi stessi o glorificare Dio? Come possiamo imparare a discernere tra le due cose?

Per molti versi, è semplice confonderle; anzi accade perfino che si mascherino con il pretesto di «glorificare Dio», quelle iniziative che invece servono ad affermare il proprio prestigio.

Leggere Matteo 5:16 e 1 Corinzi 10:31. In che modo si può fare del bene e allo stesso tempo glorificare il Padre? Ricordiamoci che è possibile fare delle buone azioni e attribuire il merito non al Signore ma a noi. Facciamo un esame sincero del nostro cuore e chiediamoci quali sono le vere motivazioni delle nostre azioni. Possiamo trarci in inganno?


mercoledì 30 dicembre

AFFINCHÉ NE DIA DI PIÙ (FRUTTO)
«Ogni tralcio che in me non dà frutto, lo toglie via; e ogni tralcio che dà frutto, lo pota affinché ne dia di più» (Gv 15:2). In cosa consiste questo processo di potatura? Lo hai personalmente sperimentato? Quando si è terminato, in che senso ti sei sentito diverso rispetto a prima?

Alla fine di ogni stagione, il contadino torna nella vigna e compie la potatura; durante questa operazione deve essere molto scrupoloso perché il raccolto dell'anno successivo dipende direttamente dalle parti risparmiate. Il segreto della perfetta potatura è l'equilibrio tra la vegetazione spontanea e la vite coltivata. Una cresce a spese dell'altra; se si impoverisce una coltura troppo intensiva non potandola abbastanza, la crescita dell'anno successivo sarà più debole e il frutto di qualità inferiore. L'abilità consiste nel trovare un corretto equilibrio. «Il Signore conduce gli uomini in situazioni di prova per vedere se confideranno in una forza esterna alla loro, egli vede ciò che l'uomo non può vedere e spesso è costretto a interrompere rapporti umani e cambiare quell'ordine che l'uomo ha progettato e ritiene perfetto. Ciò che l'uomo crede sia in direzione del proprio interesse temporale e spirituale può rivelarsi completamente antitetico con l'esperienza che deve vivere se vuole essere un discepolo di Cristo. La sua idea del proprio valore può essere del tutto fuori strada. Il cammino dalla terra al cielo è cosparso di prove; è per questo motivo che tale percorso viene chiamato la via stretta. Il carattere deve essere messo alla prova, altrimenti ci sarebbero molti cristiani non puri pronti ad assumere una corretta sembianza religiosa finché non vengono intaccate le loro inclinazioni, il desiderio di fare la propria strada, il loro orgoglio e la loro ambizione.
Quando, con il permesso del Signore, si trovano di fronte a prove severe, la carenza di religione genuina, di mansuetudine e di modestia tipiche di Cristo, mettono in luce come sia indispensabile l'opera dello Spirito Santo in loro» -In Heavenly Places, p. 266.

Hai mai affrontato una difficoltà che abbia messo a dura prova la tua fede, fino al punto da farti dubitare di averne una? Ripensandoci, quali insegnamenti avresti dovuto trarre da quella esperienza? Ma soprattutto, ti ha insegnato qualcosa?


giovedì 31 dicembre
 

FORSE DARÀ FRUTTO IN AVVENIRE
Luca 13:9

Tra il 1730 e il 1745 le colonie americane situate nel tratto che va dal Maine alla Georgia vissero un'esperienza di rinascita religiosa nota come il «grande risveglio». Alla guida di tale movimento c'era Jonathan Edwards, che nel luglio del 1741 predicò un sermone dal titolo «Peccatori nelle mani di un Dio adirato»; per alcuni è diventato un simbolo della tetra, spietata e ostinata prospettiva di molti cristiani. Per quanto polemico, quel sermone esprimeva la verità circa la terribile conseguenza del peccato, l'atteggiamento di un Dio
infinitamente santo nei suoi confronti e la certezza di un giorno del giudizio.

Leggere Giovanni 15:1-10. Quale bilancio presenta Gesù nel contesto della produzione di frutti?

Da un lato Gesù dice che chi dimorerà in lui porterà frutto, come risultato della salvezza ottenuta mediante Cristo. Dimorando per fede in lui, abbiamo la certezza della salvezza a motivo della sua giustizia che ci viene attribuita. Allo stesso tempo, ci avverte che, nel caso contrario, non produrremo alcun frutto e chi si troverà in questa condizione appassirà e alla fine sarà gettato nel fuoco per essere bruciato (2 Pt 3:9).

Quale insegnamento possiamo trarre dalla parabola che troviamo in Luca 13:7-9?

In questo caso non si parla della salvezza legata ai frutti, che non è altro che un'ulteriore manifestazione della salvezza per opere. Non siamo salvati se produciamo buone opere; i nostri frutti sono il risultato della salvezza che abbiamo già ottenuto per grazia in Cristo, tenendo conto della nostra fede in lui. La produzione di frutti è espressione di salvezza, non un mezzo per ottenerla. È fondamentale comprendere questa distinzione perché, in caso
contrario, o diventiamo orgogliosi per quello che riteniamo sia il nostro straordinario frutto, oppure ci abbandoniamo alla disperazione per quello che ha tutta l'aria di essere un misero raccolto.


venerdì 1 gennaio

APPROFONDIMENTO
Tramonto del sole: ore 16,51

«"Li riconoscerete dunque dai loro frutti" (Mt 7:20), dichiarò il Salvatore. Ogni sincero discepolo di Cristo porta frutto alla sua gloria. La loro vita testimonia il buon lavoro operato in essi dallo Spirito Santo. Le loro esistenze sono elevate e pure. Il giusto comportamento è il prodotto inequivocabile di una vera devozione, e chi non produce frutto di questo genere manifesta di non avere alcuna esperienza nelle cose divine, di non far parte del tralcio.
Gesù ha detto: "Dimorate in me, e io dimorerò in voi. Come il tralcio non può da sé dar frutto se non rimane nella vite, così neppure voi, se non dimorate in me. Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla" (Gv 15:4,5)» -Counsels to Parents, Teachers and Students, p. 239.

«Chiunque si unisca alla chiesa ma non al Signore rivelerà nel tempo il proprio vero carattere. "Li riconoscerete dai loro frutti" (Mt 7:16). Il frutto prezioso della devozione, della temperanza, della pazienza, della gentilezza, dell'amore e della carità non compare nella loro vita. Producono soltanto spine e rovi. Simili professanti disonorano Dio davanti al mondo» -The Faith I Live By, p. 90.

Domande per la discussione

1. Raccogliere le risposte alla domanda finale di domenica. Qual è la differenza tra «essere» buoni e «fare» il bene?
2. Rileggere con attenzione l'ultima citazione di Ellen G. White. Che cosa significa? Perché ognuno di noi dovrebbe chiedersi a quale categoria appartiene? Come si fa a essere certi della risposta?
3. Immaginare due persone: la prima, è un avventista che conosce e accetta tutte le dottrine (lo stato dei morti, la seconda venuta, il 1844, ecc.), ma è una persona dura, meschina, giustizialista e insensibile. L'altra professa la propria fede in Cristo, ma non ha accolto questi insegnamenti perché li considera errori teologici; ma si tratta però di una persona cordiale, incline al perdono, affettuosa, tutto il contrario di quell'avventista «ortodosso». Anche se noi non possiamo conoscere i cuori, se dovessi ipotizzare quale dei due si trovi più vicino al regno di Dio, chi sceglieresti e perché?

 

FONTE: http://avventisti.it/sito/bibbia_dettagli.asp?id=466