Guida allo studio settimanale della Bibbia
Paolo predica al mondo
Letture: Atti 11:19-26; 13:16-42; 17:18-34«Mi sono fatto ogni cosa a tutti, per salvarne a ogni modo alcuni» 1 Corinzi 9:22
Pensiero chiave
L'apostolo Paolo, nel tentativo di fare conoscere il Vangelo al mondo, ci lascia un esempio che ci fa capire come sia importante riuscire ad adattare la presentazione del messaggio, sulla base del contesto e dell'ambiente culturale verso il quale è rivolta la nostra testimonianza.
I nostri pionieri missionari avventisti impararono rapidamente che occorreva porgere il nostro messaggio di verità nel modo culturalmente più rilevante possibile. Attualmente, l'iniziativa denominata Missione globale della Chiesa Cristiana Avventista del 7° Giorno, sponsorizza centri di studio in tutto il mondo affinché esaminino le possibilità di costruire ponti con persone appartenenti a culture e religioni diverse. Prima di riuscire a comunicare efficacemente agli altri, è necessario comprendere la loro cultura e il loro modo di pensare.
Questa settimana vedremo che cosa significhi adattare il nostro messaggio alla gente nelle circostanze più svariate e lo faremo studiando in che modo l'apostolo Paolo, un credente risoluto e intransigente, cuciva il messaggio di Gesù su misura per un pubblico specifico. Cosa può insegnarci il suo esempio nell'ottica di comunicare in modo ottimale la verità presente ai nostri contemporanei?
Dopo l'esperienza vissuta da Paolo sulla strada per Damasco, alcuni apostoli non erano convinti che lui fosse un vero discepolo (At 9:26). Forse temevano che si trattasse di una spia inviata per infiltrarsi nella chiesa e causare ulteriori problemi. A quel tempo, Barnaba si schierò dalla parte di Paolo e lo difese (vv. 27,28).
Barnaba «era un uomo buono, pieno di Spirito Santo e di fede» (At 11:24) e fu di grande aiuto per Paolo all'inizio del suo ministero.
Atti 11:19-24. Come nacque la chiesa ad Antiochia? Quale successo raccolsero gli sforzi missionari?
I capi della chiesa a Gerusalemme sentirono parlare di questo nuovo gruppo di credenti ad Antiochia, che all'epoca era una delle tre principali città dell'Im-pero romano; allora inviarono subito Barnaba, personalità molto rispettata, perché desse il proprio contributo alla crescita e alla formazione della chiesa.
Atti 11:25,26. Perché Barnaba scelse Paolo come aiuto?
Gli Atti sono un libro ricco di eventi sorprendenti: Saulo, il persecutore, diventa Paolo il missionario; il Vangelo della salvezza diventa buona novella per tutti, non solo per i giudei; Paolo serve una chiesa nata indirettamente per effetto delle sue persecuzioni.
Barnaba e Paolo insegnano alle persone per un anno e mentre la chiesa diventa sempre più solida, sviluppa anche uno spirito compassionevole e di ministero verso il prossimo. I membri della nuova comunità mandarono degli aiuti economici ai loro fratelli in Giudea, vittime di una grave carestia (At 11:28-30); non pensavano dunque solo ad accumulare benedizioni per se stessi ma di fronte al bisogno furono pronti a intervenire.
La chiesa di Gerusalemme, venuta a conoscenza di cosa stava accadendo ad Antiochia, inviò Barnaba perché lavorasse in quella realtà ed egli, saputo della chiamata di Paolo, gli chiese a sua volta un aiuto. Questa comunità, sapendo che a Gerusalemme c'erano dei problemi, mandò là degli aiuti.
Quando siamo particolarmente benedetti e disponiamo di beni materiali, secondo l'insegnamento di questo episodio, come dovremmo comportarci?
«Con i deboli mi sono fatto debole, per guadagnare i deboli; mi sono fatto ogni cosa a tutti, per salvarne ad ogni modo alcuni» 1 Corinzi 9:22
Cosa vuole intendere Paolo quando afferma di essersi fatto «ogni cosa a tutti»? Possiamo tranquillamente affermare che, qualunque sia il significato, l'apostolo non sta perorando il concetto di compromesso. Non parla di cambiare il Vangelo, le dottrine, l'etica o qualsiasi altra delle verità presenti nella Parola di Dio. Quello che vuole dire è che occorre rendere quelle cose il più attraenti e comprensibili possibile per i diversi tipi di cultura. Paolo modellò questo approccio utilizzando metodi diversi per raggiungere genti diverse. Per esempio, nel tentativo di fare arrivare il messaggio ai giudei, egli arrivava in una città, visitava la sinagoga e poi predicava (At 9:19-22; 13:14-16).
Atti 13:16-42. Dove comincia e dove termina in questo sermone di Paolo la sua breve panoramica sulla storia biblica? A quale autorità si appella per provare che Gesù è il Messia? Cosa ci rivela a proposito dell'approccio utilizzato da Paolo nei confronti della gente ebrea?
Atti 14:8-18. In che cosa si differenzia il modo di rivolgersi ai pagani da parte di Paolo - che non credevano nell'Antico Testamento - rispetto a quello utilizzato per avvicinare gli ebrei?
Paolo si richiama alla Scrittura non in quanto autorità (al v. 15 allude all'An-tico Testamento, come quando si vuole citare un poeta e non un'autorità), ma piuttosto per fare riferimento al mondo naturale e alle prove di un Dio creatore in esso rintracciabili, e sottolinea la futilità dell'adorazione riservata agli idoli.
Fino a che punto siamo disposti a cercare di avvicinare le persone di altre culture? In che modo possiamo evitare il rischio di compromettere la verità nel tentativo di diffonderla?
Uno dei principali e più noti sforzi missionari di Paolo si compì ad Atene, patria di alcuni dei maggiori filosofi dell'antichità, Socrate, Platone e Ari-stotele, e tuttavia è interessante osservare come la città, nonostante la filosofia e il suo appello alla ragione e alla logica, fosse ancora «piena di idoli» (At 17:16). È la testimonianza che, in fondo, la materia filosofica non è in grado di soddisfare i bisogni basilari dell'essere umano.
Atti 17:18-34. Quale metodo scelse Paolo per cercare di avvicinare gli ateniesi? Quale evitò e quanto furono premiati i suoi sforzi?
Gli epicurei insegnavano che la felicità deriva dal vivere una vita soddisfacente con modesti piaceri. Gli stoici, di contro, invitavano la gente ad accontentarsi di ciò che possedeva; i filosofi di entrambe le correnti ascoltarono Paolo nella piazza del mercato e iniziarono a discutere con lui, definendolo «un ciarlatano» (At 17:18). Lo ridicolizzarono, ma ciò nonostante lo invitarono a parlare a un incontro presso l'Aeropago, dove un gruppo di filosofi proponeva nuovi insegnamenti.
Nel suo discorso, Paolo adatta il proprio messaggio al pubblico pagano che lo ascolta (vv. 22-25), collegandolo a quella cultura; l'apostolo fa riferimento a una statua che era stata costruita in onore del dio ignoto, che lui identifica quale Dio creatore. Paolo non fa mai cenno alla Scrittura, come avrebbe invece fatto nel caso si fosse trovato davanti a un pubblico formato da ebrei. Preferisce, piuttosto, allacciarsi nuovamente al mondo della natura con il quale i greci hanno familiarità e prendere spunto per parlare del soprannaturale; e nonostante non citi la Scrittura, il messaggio trasmesso a quelle persone è assolutamente biblico.
In che modo le cose della natura parlano di Dio al tuo cuore e come pensi di poter apprezzare meglio il nostro Signore grazie alle meraviglie del creato?
Leggere nuovamente e con attenzione Atti 17:18-34. Riesci a individuare le seguenti fondamentali dottrine: creazione, redenzione e giudizio? Questo messaggio rimanda in qualche modo a quello avventista?
Paolo non solo conosceva la letteratura pagana, ma era in grado di citarne alcune frasi a memoria. Comincia riprendendo le parole di un poeta di Creta che aveva scritto: «In lui viviamo, ci moviamo, e siamo» (v. 28). Poi cita il pagano Cleante, e precisamente una strofa del suo poema d'amore dedicato a Giove: «Poiché siamo anche sua discendenza» (v. 28). In entrambi i casi, l'apostolo trae qualcosa dalla cultura del paese che lo ospita e la collega alla verità che vuole insegnare loro.
«Con le mani tese verso il tempio affollato da idoli, Paolo svuotò il fardello della sua anima, ed espose le lacune della religione ateniese. I più sapienti dei suoi ascoltatori si stupirono nell'udire i suoi ragionamenti. Egli dimostrava d'essere familiare con le loro opere d'arte, con la loro letteratura e con la loro religione» - AA, p. 237 [147].
Ellen G. White aggiunge: «Le parole di Paolo contengono un tesoro di conoscenza per la chiesa… Se i suoi messaggi avessero condotto un attacco diretto ai loro idoli e ai grandi uomini della città, egli avrebbe davvero corso il rischio di subire lo stesso destino di Socrate. Ma con tatto, generato dall'amore divino, Paolo diresse prudentemente le loro menti lontano dalle divinità pagane, rivelando il vero Dio, a loro sconosciuto» - AA, p. 241[150].
Paolo comprese che per condurre delle persone dove desideriamo, occorre prima andar loro incontro nel luogo in cui si trovano, e mettere a fuoco le loro necessità, i loro interessi per dare al nostro messaggio una forma tale da permettergli di entrare in sintonia con quelle persone, senza per questo annacquarlo. È semplicemente una questione di comunicazione, parlare alla gente usando dei termini e un linguaggio che risultino comprensibili.
Quale fu l'aspetto dell'insegnamento paolino che causò un naturale dissenso in quell'ambiente specifico? Qual è il limite nel tentare di spiegare razionalmente ogni nostra convinzione?
Romani 15:18-23. Come poteva affermare «ho predicato dappertutto il vangelo di Cristo» quando la maggior parte della popolazione, ovviamente, non era di fede cristiana? Secondo quali parametri stabiliamo cos'è il successo?
Paolo scelse di fondare nuove congregazioni nelle località strategiche dell'intera regione, nelle città snodo dei trasporti - attraversate dalle principali arterie romane, o dotate di un porto - importanti da un punto di vista commerciale o amministrativo. Creò quindi dei fari strategici in tutta l'area, con l'idea che i nuovi gruppi di credenti avrebbero portato la buona novella alle zone limitrofe. Se per Paolo il lavoro era terminato, la missione evangelistica affidata ai nuovi membri era appena iniziata.
Nel suo secondo viaggio missionario, l'apostolo cercò di fondare, con l'aiuto di Timoteo e Sila, una chiesa a Tessalonica, la città più grande della Macedonia. Sorgeva alla confluenza delle due principali strade romane ed era il maggior porto dell'intera regione. Il gruppo di credenti saldamente radicato presente nella città sarebbe stato il nucleo dal quale sarebbero potute sorgere altre comunità in tutta l'area. Ed è esattamente quello che avvenne. Paolo dice: «Tanto da diventare un esempio per tutti i credenti della Mace-donia e dell'Acaia. Infatti da voi la parola del Signore ha echeggiato non soltanto nella Macedonia e nell'Acaia, ma anzi la fama della fede che avete in Dio si è sparsa in ogni luogo» (1 Ts 1:7,8).
Questa chiesa rappresentava un modello per le altre. La parola greca per chiesa (ekklesia) non ha un'origine distintamente cristiana, ma era usata per ogni riunione di persone in vari contesti. In ogni caso, la ekklesia cristiana era chiamata a svolgere funzioni specifiche, non limitandosi all'adorazione comune ma estendendo la conoscenza del messaggio ricevuto alla comunità circostante in senso lato.
La chiesa non esiste esclusivamente per il nutrimento dei propri membri. Qual è la tua attitudine personale? Ti rechi in chiesa solo per vedere appagate le tue necessità individuali, oppure sperando di donare ancor più che ricevere?
«Dunque (Paolo) variò il proprio sistema di lavoro, modellando il messaggio in base alle circostanze nelle quali veniva calato» - GW, p. 118.
«Alcune persone non saranno convinte da nessun tipo di presentazione della verità. Chi opera per Dio dovrebbe comunque studiare attentamente il metodo migliore per non correre il rischio di sollevare il pregiudizio o provocare reazioni nei suoi uditori» - Ellen G. White, The Advent Review and Sabbath Herald, 25 novembre 1890.
«Essi (gli operai del Signore) non devono essere uomini tutti d'un pezzo, stereotipati nel loro modo di lavorare, incapaci di capire che la loro presentazione della verità deve variare secondo la classe di persone tra le quali operano e le circostanze che si trovano a dover affrontare» - GW, p. 119.
«Con gioiosa e paziente gentilezza e cortesia cristiane, egli conquistò il cuore delle persone, ne placò i pregiudizi e si sforzò di insegnare loro la verità senza eccitare il loro antagonismo. Fece tutto questo perché amava gli uomini e desiderava condurli a Cristo perché fossero salvati» - Ellen G. White, Sketches From the Life of Paul, p. 162.
Domande per la discussione
1. Quale credi sarebbe il modo migliore per comunicare a uno studente universitario ateo ciò in cui credono gli avventisti? E a una persona di un'altra religione? A qualcuno che crede nella Bibbia ma non è avventista? A un ex avventista? A qualcuno che pare totalmente indifferente alla fede e a Dio?
2. Quali sono gli elementi comuni che devono sempre accompagnare la nostra testimonianza agli altri?
3. La chiesa nella quale vivi ha ben focalizzato l'obiettivo missionario? Cosa puoi fare per dare un contributo finalizzato a un maggiore impegno evangelistico?
In sintesi
La comunicazione non ha luogo se l'uditore non comprende cosa viene detto. Paolo offre molti esempi di come, nella testimonianza, occorra tradurre la buona novella nei termini che la gente sia in grado di comprendere.
FONTE: http://www.avventisti.it/sds/sds.asp?idx=318
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