terça-feira, 28 de julho de 2009

2. SPERIMENTARE LA PAROLA DELLA VITA

2. SPERIMENTARE LA PAROLA DELLA VITA

Letture: Deuteronomio 4:1-4; 1 Corinzi 15:4-8; 1 Giovanni 1:1-4,5; Apocalisse 19:13

 «Quel che abbiamo visto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché voi pure siate in comunione con noi; e la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo» 1 Giovanni 1:3

 In un'aula di giustizia, un uomo viene accusato di omicidio. Giura a gran voce di essere innocente, di non aver commesso il fatto e di non esser stato nemmeno presente quando è avvenuto il crimine. La sua difesa suona molto convincente e sentendo solo le sue parole si potrebbe anche essere tentati di credergli.

Poi, però, compaiono i testimoni. Uno dopo l'altro, i testimoni oculari confermano la stessa versione: hanno visto l'accusato sulla scena del delitto e lo hanno visto (in alcuni casi anche sentito) mentre lo commetteva. Nonostante alcune discordanze sui dettagli, a seconda della posizione del testimone nel momento decisivo, le prove sono schiaccianti e la colpa dell'uomo diventa un fatto ovvio.

Giovanni introduce la sua lettera in maniera analoga, affermando che Cristo appare alla schiera dei testimoni diretti i quali, avendolo personalmente visto e sperimentato, sono in grado di trasmettere agli altri questa informazione capace di trasformare l'esistenza.

 Uno sguardo alla settimana

Perché Gesù è la «parola della vita»? Cosa spera di ottenere Giovanni scrivendo questa introduzione? In che modo, anche oggi, possiamo essere testimoni oculari di Gesù? Quale ruolo ha la comunità nella vita di un cristiano?

1 Giovanni 1:1-4

 Cosa vuole comunicare l'apostolo con queste parole? Quale speranza trasmettono?

 Giovanni comincia sottolineando che egli, insieme ad altri, è un testimone oculare della «parola della vita». Il v. 2 spiega ulteriormente il senso della «vita» e con la prima parte del versetto seguente, pone l'accento sulla sua proclamazione.

 Secondo le parole di Giovanni, questa sua dichiarazione sulla «parola della vita» quali due cose genererà?

 Ai vv. 1 e 3, Giovanni fa sette affermazioni prima di concludere il periodo: 1. quello che esisteva dal principio; 2. quello che abbiamo udito; 3. quello che abbiamo visto; 4. quello che abbiamo contemplato; 5. quello che abbiamo toccato, 6. quello che abbiamo visto e 7. quello che abbiamo ascoltato. Poi conclude: «Lo annunziamo anche a voi, perché voi pure siate in comunione con noi» (v. 3). Al v. 2, che è una parentesi e una chiarificazione, un quadruplice elenco finisce con la frase, «e vi annunziamo la vita eterna». La chiave di tutto questo sembra essere il desiderio di Giovanni di farci conoscere la realtà di Dio, che egli stesso ha potuto verificare in Gesù Cristo. Egli vuole che ciascuno di noi conosca personalmente la vita eterna, la comunione fraterna e la felicità che è possibile ottenere tramite Gesù, quello stesso Gesù che egli aveva udito, visto e toccato.

 Secondo la tua esperienza e la tua comprensione, cosa vuol dire avere «gioia» nel Signore? Hai mai conosciuto un credente cristiano costantemente gioioso? Come interpreti le promesse della gioia quando le nostre esistenze sono sempre più spesso caratterizzate dal dolore e dalla sofferenza?

Chi conosce il vangelo di Giovanni è affascinato quando inizia la lettura della sua prima lettera e scopre un'introduzione simile a quella del vangelo stesso.

 Leggere 1 Giovanni 1:1-5 e confrontarlo con Giovanni 1:1-5. Ci sono elementi comuni? Quali?

 I due brani iniziano in maniera pressoché identica, indicando un momento del passato; adoperando l'espressione «nel principio» c'è un apparente riferimento a Genesi 1:1, la creazione. Entrambi fanno una distinzione tra Dio Padre e la Parola, ponendoli l'uno accanto all'altra in stretta connessione. I due paragrafi contengono anche l'immagine della «vita» e della «luce»; non può sussistere alcun dubbio sull'esistenza di molti elementi comuni, ma ci sono anche delle differenze.

 Quale enfasi troviamo in Giovanni 1:1-5 che è invece assente in 1 Giovanni 1:1-5?

 Il vangelo di Giovanni evidenzia con forza che Gesù è Dio e creatore. Nonostante l'appellativo «suo Figlio, Gesù Cristo» in 1 Giovanni 1:3 indichi la sua l'umanità tanto quanto la sua divinità, il termine «Dio»non viene direttamente applicato a Gesù nell'introduzione a 1 Giovanni, come invece si verifica in quella del vangelo. Quest'ultimo si esprime con molta chiarezza a proposito di Cristo nel ruolo di creatore. Nessuna cosa è giunta all'esistenza senza il suo intervento. Giovanni non poteva essere più esplicito rispetto sia alla divinità di Cristo sia alla sua funzione creatrice.

La prima lettera sottolinea poi l'importanza dei testimoni oculari e della loro rivelazione (quindi della loro autorità), una sottolineatura che non ha riscontri nel vangelo parallelo, e parla da una prospettiva più distaccata e meno «personale».

Prese complessivamente, entrambe le sezioni rivelano verità legate alla figura di Cristo che risultano fondamentali per il piano della salvezza.

 Pensa alle cose che sai della vita di Gesù: le sue azioni, i suoi insegnamenti e il suo sacrificio. Perché ha agito così? Mentre rifletti tieni presente che quest'uomo era anche Dio, il creatore. Quale speranza e incoraggiamento ti offrono queste verità? Possono aiutarti a gestire meglio le preoccupazioni e le prove che la vita presenta?

1 Giovanni 1:1,2

 Secondo te, cosa significa l'espressione «parola della vita»? Perché è un termine che si adatta bene a Gesù?

 1 Giovanni 1:1 parla di «parola della vita». Il vocabolo «parola» compare anche in Giovanni 1:1-3 e si riferisce specificamente a Gesù. In Apocalisse 19 il cavaliere sul cavallo bianco è definito «Parola di Dio» (Ap 19:13) e anch'esso rimanda a Gesù. Poiché nella letteratura giovannea il termine «parola» può in certi contesti indicare Cristo, è più che probabile che anche in 1 Giovanni 1:1 valga la stessa regola.

Lo stesso vale per «vita». Gesù si definì «la via, la verità e la vita» (Gv 14:6). E quindi la «vita» di 1 Giovanni 1:2 non può che riferirsi a Cristo e non ci può sorprendere il fatto che egli venga definito «parola della vita».

 Quale altro dato, che emerge da quei versetti, dimostra come Giovanni si stia riferendo a Gesù quando usa l'espressione «parola della vita»?

 Anche se qualcuno sostiene che l'espressione «parola della vita» indica la proclamazione del vangelo, i fatti dimostrano che parla di Gesù. Se è plausibile ascoltare il messaggio di Gesù con i propri orecchi, è certo più difficile vederlo con i propri occhi. Mentre è certamente impossibile toccare con le proprie mani la «parola della vita», se l'espressione vuole intendere la proclamazione del vangelo. Ascoltare, vedere e toccare sono verbi che hanno molto più senso se associati a una persona e non a un messaggio. Inoltre, la frase «la vita… era presso il Padre e ci fu manifestata» (1 Gv 1:2) lascia presumere anche che Giovanni aveva in mente una persona quando parla di parola e vita.

 Se accettiamo l'idea che Gesù sia la «parola della vita», che significato può avere per noi? In che modo i seguenti testi ci aiutano a capire meglio il senso della «parola» e della «vita»? Genesi 1:14; Daniele 5:23; Matteo 8:8; Giovanni 1-4; Atti 17:28

A molti piace andare allo stadio per vedere una partita di calcio, assistere a un concerto, a un discorso politico. Vogliono vedere con i propri occhi ciò che accade e vivere in prima persona l'evento. Dopo potranno condividere con altri quello che hanno visto e sentito. Ci sono poi i testimoni oculari, casuali e non volontari, per esempio di un incidente automobilistico o di un crimine, i quali possono anche essere chiamati davanti a un tribunale per deporre.

Gli apostoli furono testimoni oculari della vita, della morte e della risurrezione di Cristo. Questo «evento» in presa diretta li influenzò notevolmente, al punto da non poter fare a meno di comunicarlo agli altri. È quello che succede a Giovanni: egli dichiara di essere stato un testimone oculare di Gesù (1 Gv 1:4) e rafforza le sue argomentazioni sostenendo di averlo toccato e udito. Giovanni ripete questo concetto in altri versetti, cercando di sottolineare la realtà dell'esperienza personale vissuta con Cristo.

 Giovanni non è l'unico autore biblico a fare affermazioni molto forti su alcuni eventi di cui è stato testimone oculare. Che cosa hanno in comune i seguenti versetti con 1 Giovanni 1:1-3? Chi parla e a che cosa si riferisce?

 Deuteronomio 4:1-9

 Atti 4:20               

 1 Corinzi 15:4-8      

 Oggi non possiamo essere testimoni diretti degli eventi che hanno riguardato la vita di Gesù o di quelli che hanno fatto la storia della Bibbia. Ma questo non esclude che non si possa testimoniare direttamente la realtà di Cristo e quello che ha fatto per noi. In qualche modo, soprattutto in un mondo post-moderno, la nostra storia personale, la nostra diretta partecipazione, possono testimoniare meglio della bontà e dell'esistenza di Dio, che non gli avvenimenti storici della Bibbia.

 Qual è il racconto della tua testimonianza «diretta» di Gesù? Parlane alla classe.

Qualcuno ha detto che Dio non ha nipoti, ma solo figli. Un'esperienza cristiana non può essere ereditaria; dobbiamo prendere una decisione nel profondo del nostro cuore: dedicarci totalmente a Gesù. Dobbiamo fare personalmente questa scelta che deve determinare una resa totale a Cristo. In questo senso essere cristiano è un'esperienza molto privata. Ma in questi primi versetti, Giovanni aggiunge un'altra dimensione. Egli ci invita ad accettare la sua testimonianza su Gesù e a vivere l'esperienza della comunione fraterna insieme a lui e agli altri cristiani. La proclamazione di Gesù equivale alla costituzione di una comunità. Accogliere Cristo quale salvatore e Signore, quale donatore della vita eterna, significa essere aggiunti alla famiglia dei credenti.

 Secondo 1 Giovanni 1:3, quali sono le dimensioni di questa comunione fraterna?

 Gesù ha stabilito la sua comunità o chiesa (Mt 16:18) e ha per lei la stessa cura che un pastore dimostra per il proprio gregge (Gv 10:14-16). Gesù e la chiesa si appartengono a vicenda. La proclamazione di Gesù e del messaggio accompagna le persone verso una comunione fraterna non solo con il Padre e il Figlio, ma anche con gli altri credenti. Non esiste, tra questi, solo un legame celeste invisibile, ma anche uno percepibile e reale. I cristiani hanno ricevuto la grande benedizione di non dover condurre la propria esistenza isolati dal resto della gente, perché sono parte della comunità e della famiglia di Cristo sulla terra.

 In che modo viene raffigurata questa comunione fraterna? Atti 2:42-47; Romani 12:3-17

 Il passaggio in 1 Giovanni che stiamo prendendo in esame termina con il v. 4. L'obiettivo dell'apostolo non è solo quello della comunione fraterna tra i credenti e tra questi e Dio, ma anche quello del conseguimento, per i primi, di una gioia completa. Questo versetto, probabilmente, rimanda a quelli che lo precedono. La nostra gioia è completa perché è apparso Gesù, «la vita eterna». Ma può anche essere inteso come una proiezione in avanti sul tema affrontato dalla prima epistola di Giovanni, nella quale si parla di Gesù e della salvezza in lui, come anche di una vita con Dio (una vita d'amore), per arrivare a immaginare, finalmente, la futura manifestazione del Signore. E quindi 1 Giovanni 1:1-4 potrebbe inglobare il periodo di tempo che va dal Cristo preesistente al gran compimento finale della sua seconda venuta.

 Qual è la tua esperienza circa la comunione fraterna cristiana? Cosa potresti fare in modo diverso e in che modo potresti apprezzare meglio, e far apprezzare meglio agli altri, la comunità che come cristiani abbiamo il privilegio di vivere?

Leggere «La tempesta sedata», tratto daEllen G. White, La speranza dell'uomo, pp. 333-341 [246-253].

 «Giovanni, che ha conosciuto personalmente Cristo, desidera condividere la propria conoscenza con altri lettori, perché possano godere della stessa comunione fraterna con il Padre e il Figlio che egli sta già sperimentando. Nell'atto di esprimere questo desiderio dettato dall'amore, afferma la divinità, l'eternità e l'incarnazione, con la conseguente umanità, del Figlio. Egli trasmette questa meravigliosa verità con un linguaggio semplice ma enfatico in modo tale che i lettori, quelli dei suoi tempi e quelli del nostro tempo, non abbiano alcun dubbio sulle fondamenta della fede cristiana e in merito alla natura e all'opera di Gesù Cristo» - 7BC, p. 629.

 Domande per la discussione

1.       Discutere nella classe i vari interventi sul tema dei «testimoni oculari di Gesù», la domanda finale di mercoledì. Quali sono i punti in comune e quali le difformità? L'esperienza fatta da un'altra persona può aiutarti a conoscere meglio il Signore? E la tua esperienza può essere di conforto per un tuo fratello?

2.       Perché la comunione fraterna è così importante per tutti i credenti? Cosa succede a quelli che hanno la tendenza a voler agire per conto proprio, lontani dal corpo di Cristo? E quale potenziale pericolo, invece, nasconde l'eccessiva dipendenza dagli altri o dalla chiesa? Come si raggiunge il giusto equilibrio?

3.       Cosa puoi fare perché la tua chiesa sia più ricettiva alle necessità dei suoi membri e quindi più vicina agli ideali della comunione fraterna manifestatisi nella chiesa primitiva? Quali sono i campi d'azione nei quali la tua comunità deve migliorare?

 

FONTE: http://avventisti.it/sito/bibbia_dettagli.asp?id=440